Lo sguardo sulle città di Evelyn Hofer

L’occhio empatico della fotografa americana ha ricucito le distanze tra Stati Uniti ed Europa

«Queensboro Bridge, New York» (1964), di Evelyn Hofer (particolare). © The Estate of Evelyn Hofer. Cortesia dell’High Museum of Art
Gilda Bruno |  | Atlanta

Che si tratti del Trinity College di Dublino, del maestoso Duomo di Firenze o di newyorkesi in preda al viavai della leggendaria 42ma strada, in oltre 50 anni di carriera l’occhio empatico della fotografa americana Evelyn Hofer (Marburg 1922-Città del Messico 2009) ha ricucito le distanze tra Stati Uniti ed Europa, immortalando i loro cittadini in maniera tanto vivida quanto profondamente umana.

In «Evelyn Hofer: Eyes on the City», la nuova retrospettiva ospitata nell’High Museum of Art di Atlanta, ci si potrà immergere nella sua coinvolgente documentazione di Washington, Londra, Parigi, Barcellona e molte altre città. Allestita fino al 13 agosto in collaborazione con il Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City, dove approderà in autunno, la mostra celebra l’unicità di Hofer e il suo utilizzo precursore della pellicola a colori.

Nata in Germania, a 11 anni si trasferisce a Ginevra con la sua famiglia per scampare al Nazismo. È in Svizzera che Hofer, allora adolescente, si avvicina alla fotografia sotto l’ala di Hans Finsler, pioniere della Nuova Oggettività. Stabilitasi a New York nel 1946, l’artista emerge come fotografa di «Harper’s Bazaar» per poi affermarsi negli anni Sessanta proprio grazie agli scatti ora raccolti in «Eyes on the City».

«Sottili e rigorose, le sue immagini possiedono un’esattezza e una sobrietà affascinanti», spiega Greg Harris, curatore del dipartimento di fotografia dell’High Museum e cocuratore della mostra. Qualità queste che, contrastando con la frenesia dei fotografi di strada del secondo dopoguerra, resero Hofer uno degli sguardi più incantevoli del secolo scorso.

© Riproduzione riservata
Calendario Mostre
Altri articoli di Gilda Bruno