Le rivisitazioni e riletture di Gérard Garouste
Nell’ampia retrospettiva al Centre Pompidou anche i classici diventano fonti inesauribili di ispirazione per l’artista francese

Dal 7 settembre al 2 gennaio, il Musée national d’art moderne del Centre Pompidou dedica un’ampia retrospettiva a Gérard Garouste (1946) con 120 tele, soprattutto di grande formato, e una selezione di sculture, installazioni, disegni.
Impossibile da classificare, l’enigmatica opera dell’artista, che vive e lavora tra Parigi e la Normandia, sorprende e interroga. Negli anni ’70, in controtendenza, Garouste voltò le spalle a Marcel Duchamp e scelse la via della figurazione mentre i colleghi guardavano al concettuale.
La sua è una figurazione senza concessioni. Le sue tele sono popolate da personaggi deformi e atmosfere inquietanti. Nascono da associazioni di idee, si nutrono della sua storia familiare e delle sue ossessioni, di cui ha parlato nell’autobiografia L’Intranquille (2009), rivelando anche i suoi disturbi mentali.
Dedicatosi alla pittura e alla scultura dopo un’incursione nel teatro come scenografo e regista e la scoperta decisiva di Jean Dubuffet, Garouste indaga le origini della nostra cultura.
Rivisita i grandi maestri del passato, Tintoretto, Goya, El Greco; s’interessa alla rilettura dei classici: l’opera di Dante, i grandi testi di Rabelais, Cervantes e Kafka, ma anche la Bibbia e il Talmud, i miti antichi e le fiabe tradizionali, diventano fonti inesauribili d’ispirazione.
«Forte di questa tradizione, scrive il museo in una nota, la pittura di Gérard Garouste non vuole essere seducente. Non teme né le aberrazioni, né le deformazioni, mutilazioni e ricomposizioni della figura. È una pittura che interroga senza sosta, sovverte le certezze: una pittura che disturba, ma come un gioco le cui regole vengono costantemente reinventate».