Le «machines» di Bayrle nella Pista 500
Tra gli spazi interni della Pinacoteca Agnelli e il polmone verde a 28 metri di altezza, installazioni e mostre legate da sottili e raffinate relazioni
La Pinacoteca Agnelli continua il suo lavoro di dialogo tra l’identità storica, culturale e architettonica del Lingotto, e della Fiat, e il mondo dell’arte, presentando il 3 novembre installazioni e mostre legate da sottili e raffinate relazioni, diffuse tra gli spazi indoor della Pinacoteca e la Pista 500. Centrale è la personale dedicata all’artista tedesco Thomas Bayrle, «Form Form SuperForm», a cura di Sarah Cosulich e Saim Demircam. Bayrle scultore, pittore, grafico e video artista, dell’auto come forma meccanizzata e produzione seriale industriale ha fatto uno dei suoi motivi ispiratori per la creazione di sagome replicate all’infinito, facendone perdere il perimetro nel confluirle in pattern astratti, in qualche modo anticipatori del concetto di immagine digitale.
La Fiat era una delle realtà a cui guardava per ispirarsi. Pioniere misconosciuto della Pop art seriale e dei nuovi media, attivo dagli anni Sessanta mescolando linguaggi e con i suoi dipinti cinetici che chiamava «machines», Bayrle si è sempre interessato ai meccanismi dei media legati all’uso dell’immagine, anche da un punto di vista sensoriale con l’elaborazione di superfici optical. Ricerche alimentate dalla sua esperienza diretta come graphic designer, lavorando tra l’altro per la cioccolata Ferrero agli inizi degli anni Settanta.
Tra le sue superforme, come l’artista chiama i suoi complessi pattern realizzati partendo da immagini di persone, macchine e prodotti, un’opera recente è dedicata alla Fiat, «Tire», composta da una serie di fotografie storiche del Lingotto e della fabbrica ancora in attività, ritagliate e fuse in un pattern in bianco e nero che prende la forma di un copertone d’auto, in un gioco visivo di riflessi e scatole cinesi. Bayrle è anche autore di una delle nuove quattro installazioni per la collezione en plein air nella Pista 500, insieme a Shirin Aliabadi (un’enorme fotografia trasformata in manifesto su un billboard), Julius von Bismarck (un’installazione sospesa nello spazio all’interno della Rampa Sud) e Alicja Kwade (una scultura che riflette sul tempo come elemento centrale in fabbrica e nella quotidianità).
«Vulcanizzato» è invece il progetto che mette in dialogo una nuova opera dell’artista scozzese Lucy McKenzie con due sculture di Antonio Canova (i due gessi «Danzatrice con dito al mento» e «Danzatrice con mani sui fianchi» del primo decennio dell’Ottocento), nell’ambito della terza edizione dell’iniziativa «Beyond the Collection», a cura di Lucrezia Calabrò Visconti, dedicata a rileggere in chiave contemporanea la Collezione Giovanni e Marella Agnelli.
