Image

Cecilia Mangini, Panarea, 1952

Image

Cecilia Mangini, Panarea, 1952

Le isole di Cecilia Mangini

A Nuoro il reportage su Panarea e Lipari che la prima documentarista italiana realizzò nel 1952

Chiara Coronelli

Leggi i suoi articoli

Nuoro. Da poco conclusa a Roma la grande personale che in occasione del suo novantesimo compleanno ha reso omaggio alla sua opera, Cecilia Mangini si vede ora dedicare dall’Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna la mostra «Isole, un viaggio a Panarea e Lipari»: quasi una settantina di immagini in  bianco e nero scattate nel 1952 nelle due isole, esposte da oggi fino al 22 ottobre.

Fotografa e documentarista, prima donna a girare documentari nell’Italia del secondo dopoguerra (nel 1958 firma la prima di molte regie, chiamata da Fulvio Lucisano per «Ignoti alla città», in collaborazione con Pasolini), la Mangini ci accompagna qui a Nuoro lungo un percorso che prende corpo nella luce del Mediterraneo, dentro quel poco di terre emerse che raccontano di un tempo lontano e immobile, reso anche più poetico dal formato 6x6 che inquadra aprendo in profondità.

Quando parte per la Sicilia con la sua Zeiss SuperIkonta ha solo venticinque anni ed è al suo primo incarico, un reportage a Lipari sulle condizioni dei lavoratori di una cava di pomice, tema che lei intreccia con storie più intime, di vita quotidiana e familiare. L’obiettivo si tiene lontano dal sentimentalismo, racconta la gente i drammi e i luoghi, per aprirsi all’indagine antropologica, che è la dimensione costante del suo sguardo. A Panarea avvicina i ragazzi, giovani pastori e pescatori, già impegnati in compiti adulti, mentre remano o durante la raccolta dei ricci di mare. «Foto di documentazione, ricche di contrasti, in pieno giorno, dove a emergere è il gesto, l’occasione, il luogo come contesto, unico e irripetibile, il sapere materiale. Apparentemente sono spontanee: sono espressione di una cultura artistica squisitamente italiana fatta di cinema, di pittura, originale, che affonda in un sapere che va dagli anni Dieci al Dopoguerra».
È l’Italia che guarisce dalle ferite della guerra, che vuole scrollarsi di dosso le macerie tornando ad attingere alle proprie radici, a un’umanità che scorre in questi reportage, ancora più preziosi perché in gran parte rappresentano una scoperta. Le immagini di Panarea, infatti, sono tutte inediti che la fotografa ha ristampato in questi mesi e che raggiungeranno le collezioni firmate dell’Isre; mentre tra quelle scattate a Lipari, venti non erano mai state stampate. Il catalogo della mostra è a cura di Claudio Domini e Paolo Pisanelli, in collaborazione con Maura Picciau.

Cecilia Mangini, Panarea, 1952

Cecilia Mangini, Lipari, 1952

Cecilia Mangini, Panarea, 1952

Chiara Coronelli, 21 settembre 2017 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Abbandonato il progetto londinese causa Brexit e pandemia, l'istituzione «ripiega» annunciando l’apertura di tre nuovi poli preparandosi a diventare uno dei più grandi musei privati al mondo

Unseen Photo Fair torna al Cultuurpark Westergasfabriek di Amsterdam con il nuovo direttore Roderick van der Lee

La monografica di Walter Niedermayr a Camera tocca i temi fondanti della sua opera, dove spazio e presenza umana si confrontano attraverso uno spettro che va dai ben noti paesaggi alpini all’architettura, dagli interni alle distese urbane

Paul Graham all'Icp cura una collettiva «sulla fotografia e sull’atto di vedere il mondo» nel XXI secolo

Le isole di Cecilia Mangini | Chiara Coronelli

Le isole di Cecilia Mangini | Chiara Coronelli