Le fluidità di Gribbon e le reinterpretazioni di Talbot
Intimismo e ambientalismo, quotidianità e mito, pittura e scrittura nelle personali delle due artiste alla Collezione Maramotti

La grande attenzione per la creatività femminile, portata alla ribalta anche dall’attuale edizione della Biennale di Venezia, non è certo una pratica recente per la Collezione Maramotti, che fin dall’apertura della grande sede espositiva a Reggio Emilia, quindici anni fa, si propone come luogo in cui, in maniera significativa ma non esclusiva, avvicinare il pubblico all’opera di artiste di provenienza internazionale.
E sono dunque due artiste, Jenna Gribbon ed Emma Talbot, le protagoniste della prossima stagione, con due esposizioni personali totalmente indipendenti (23 ottobre-19 febbraio), negli spazi in cui la famiglia Maramotti continua a coniugare la passione per il collezionismo con l’impegno per un’attenta valorizzazione della ricerca contemporanea.
Concentrate sui temi dell’identità e della relazione, entrambe le esposizioni ci introducono in mondi intimi nei quali figure femminili suggeriscono racconti al contempo personali ed emblematici di dinamiche sociali proprie dell’età contemporanea. Pur con una marcata differenza di linguaggi, emerge una comune volontà di affermazione della sensibilità delle autrici, intesa non come soggettività autoreferenziale ma piuttosto come strumento di condivisione di temi oggi cruciali.
Appositamente concepite per la Pattern Room, dieci opere pittoriche di Jenna Gribbon (1978, statunitense con base a Brooklyn) danno vita a «Mirages», sua prima personale in Europa. Una figurazione veloce e fluida, satura di colore, definisce le immagini grazie a tagli «cinematografici» in soggettiva che ci avvicinano ai sentimenti dell’autrice mentre osserva la sua compagna, la musicista Mackenzie Scott (Torres), catturando momenti della loro convivenza.
Gesti quotidiani e giochi sensuali trasfigurano la compagna dell’artista in creatura misteriosa e desiderata grazie a effetti di luce e di specchi. È la narrazione dell’attrazione e del segreto dell’energia vitale, sempre sottesa al femminile, che sfugge agli stereotipi patriarcali sulla relazione di coppia e afferma la centralità dello sguardo reciproco e del doppio, strumento potentissimo per entrare in empatia con le persone che abbiamo accanto. Un progetto intenso, in continuità con la ricerca dell’artista che da tempo concentra l’attenzione sulle figure legate alla sua sfera privata.
Emma Talbot (1969, Stourbridge, vive a Londra), che attualmente è in mostra anche alla 59ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, è invece la vincitrice nel 2020 dell’ottava edizione del Max Mara Prize for Women, che a oggi è l’unico premio per le arti visive dedicato ad artiste attive nel Regno Unito. Viene assegnato ad anni alterni da una commissione internazionale, con la finalità di promuovere e valorizzare la ricerca di un’artista, offrendole l’opportunità di trascorrere un periodo di sei mesi di residenza in Italia per realizzare un nuovo progetto di mostra, destinato all’allestimento di due personali, alla Whitechapel Gallery di Londra e alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia.
Il progetto «The Age/L’Età» che, dopo la tappa londinese, Talbot presenta ora in Italia, è dunque il risultato di un lungo soggiorno tra Reggio Emilia, Catania e Roma, dove l’artista ha potuto approfondire il suo interesse per l’artigianato tessile, per la pratica agricola della permacultura e per la mitologia classica. L’artista ha potuto visitare luoghi e musei che hanno ispirato questo nuovo corpus di opere.
Il tema prende spunto dalla drammatica figura di anziana del celebre dipinto «Le tre età della donna» (1905) di Gustav Klimt, conservato alla Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma, che Talbot conosceva e ha potuto finalmente vedere di persona durante il suo viaggio.
Nella sua reinterpretazione la figura klimtiana prende vita autonoma attraverso varie tecniche (pittura e scrittura su grandi pannelli di seta riciclata, scultura polimaterica, animazione digitale), diventando un’eroina contemporanea, portatrice di forza e volontà, che riesce a proporre soluzioni e sostenibili ai problemi del pianeta. Non più vittima della decadenza fisica ma saggia e combattente capace di superare persino le dodici fatiche di Ercole per difendere il pianeta, la donna si impone come un’icona positiva in contrasto con gli stereotipi occidentali sull’invecchiamento.
Com’è nella tradizione della Collezione Maramotti, ciascuna mostra è accompagnata da una raffinata documentazione editoriale: per Jenna Gribbon, un libro con testi della storica dell’arte Flavia Frigeri e della scrittrice Alexandra Kleeman; per Emma Talbot un libro e un documentario che racconta le esperienze e gli incontri dei suoi sei intensi mesi di residenza italiana.
