La trasgressività della fotografia queer
Alla Photographers’ Gallery oltre 100 immagini di John S. Barrington, Cecil Beaton, Guy Burch, Basil Clavering, Rotimi Fani-Kayode, Bill Green, David Gwinnutt, Paul Hawker, Angus McBean e Ajamu X

In apertura il 2 marzo presso la Photographers’ Gallery di Londra, «A Hard Man is Good to Find!» è una documentazione senza filtri della cultura gay raccontata dallo sguardo audace e rivelatore di un gruppo di fotografi omosessuali inglesi (fino all’11 giugno). Con oltre 100 immagini scattate nella capitale britannica da John S. Barrington, Cecil Beaton, Guy Burch, Basil Clavering, Rotimi Fani-Kayode, Bill Green, David Gwinnutt, Paul Hawker, Angus McBean e Ajamu X tra gli anni Trenta e gli anni Novanta, la mostra guarda alla fotografia di nudo come strumento di protesta contro la criminalizzazione dell’omosessualità e ogni sua rappresentazione visiva nella Londra del Novecento.
Ispirata ai canoni scultorei dell’arte classica e all’estetica provocatoria del culturismo e della pornografia, la raccolta di scatti in bianco e nero, curata per l’occasione da Alistair O’Neill (professore di Storia e Teoria della Moda presso la Central Saint Martins), si fa documento storico del percorso di emancipazione portato avanti dalla comunità omosessuale del tempo.
Da Highgate a Brixton, passando per Portobello, Soho, Wellington Barracks e Chelsea, «A Hard Man is Good to Find!» punta il dito sulle località della subcultura queer londinese, «mappando il territorio di rischio e le possibilità all’interno del quale gli uomini si muovevano di nascosto per cercare altri uomini da fotografare», si legge nel comunicato rilasciato in occasione della mostra. Giustapposte a provini a contatto, ritagli di giornale e magazine della stessa epoca, le fotografie esposte racchiudono tutta la brama di riscatto e visibilità di una popolazione costretta per troppo tempo nell’ombra.