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Alessandra Mottola Molfino

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Alessandra Mottola Molfino

La Signora dei Musei

Compie 80 anni, vissuti nei musei e per i musei, Alessandra Mottola Molfino

Cristiana Morigi Govi

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Nel 1995 insieme ad Alessandra Mottola Molfino abbiamo organizzato al Museo Civico Archeologico di Bologna che allora dirigevo, il convegno «La gestione dei Musei pubblico o privato?», per discutere sulle nuove forme di gestione che in quegli anni si stavano realizzando e sperimentando; era un tema centrale che stava a cuore e preoccupava molti colleghi, intervenuti numerosissimi.

È stata l’occasione per conoscerci bene e per consolidare la nostra amicizia, diventata presto un’amicizia di famiglia; con mio marito siamo spesso stati ospiti nella grande casa di Codifiume (Fe), abbiamo conosciuto il marito Francesco Mottola e l’amatissima sorella Francesca, scomparsa per una terribile e improvvisa malattia, ancora nel pieno della sua attività di psicologa e attiva nel movimento femminista.

Era una donna di fascino, con la passione della bicicletta, dei viaggi, della cucina (era una cuoca sopraffina) e delle rose rare che ha piantato nel grande giardino, ora affidato alle cure di Alessandra che insieme a Corrado e Rosa lo custodiscono con amore. Ho sempre letto con molto interesse i suoi numerosi articoli che hanno avuto il merito di comunicare a un pubblico non solo di professionisti l’essenza e il significato del museo, della sua storia, ricca di esempi illustri e di profondi cambiamenti, perché «il museo è un’opera vivente».

Nella sua rubrica, «Museomania», pubblicata su «Il Giornale dell’Arte» dal 1992 al 2008, ha infatti raccontato l’attualità, i problemi, le novità, ma anche gli errori di queste istituzioni che, dopo aver attraversato tempi bui (soprattutto in Italia), si sono rinnovati anche sulla spinta di una società che voleva trovare nel museo «un luogo dello spirito, dell’esperienza e della discussione socializzante, ossia un vero e proprio centro democratico dell’apprendimento, della conoscenza e dell’eccellenza, aperto e accogliente per tutti». Alessandra ha trascorso la sua vita di lavoro nei musei e per i musei.

Di antica famiglia genovese (e una nonna peruviana), dopo la laurea e la specializzazione in Storia dell’arte con Giulio Carlo Argan a Roma, si è trasferita a Milano dove dal 1973 al 1998 ha diretto il Museo Poldi Pezzoli. Danneggiato durante l’ultima guerra, ricostruito e riallestito in tempi brevi nel 1951, questo museo aveva necessità di un profondo rinnovamento degli allestimenti, per esigenze di conservazione ed esposizione. Nel nuovo riassetto si dovevano rispettare con equilibrio due esigenze: conservare l’aspetto di casa-collezione-museo che aveva al tempo del fondatore e degli interventi degli anni ’50, e lasciare emergere le novità degli studi e il nuovo patrimonio di doni e di acquisti perché, ha spiegato, «l’opera museo è formata da tre elementi tra loro fortemente intrecciati e interdipendenti: collezioni, contenitore, pubblico. Il rapporto che si instaura tra questi tre elementi costituisce l’identità del Museo».

Nel 1994 il Poldi Pezzoli, completamente rinnovato nel piano terreno, è diventato un esempio e un punto di riferimento per molti musei che, con fatica, si stavano ripensando. Negli anni del lavoro di riallestimento sono state realizzate iniziative educative e una serie di mostre: «Pizzi» (1977), sulla pittura lombarda tra Zenale e Leonardo (1982), «Miniature troubadour» (1978), «Moda italiana degli anni Trenta» (1980), «Gioielli» (1986), sulla collezione di sculture di Federico Zeri (1989), sull’arte del Rinascimento alla corte di Leonello e Borso d’Este a Ferrara («Le Muse il Principe», 1991).

I temi sono insoliti per l’Italia, in particolare quello della moda, illustrato anche nelle dispense (De Agostini 1991-92) con titoli curiosi e accattivanti: L’uniforme borghese, La donna fatale, Bianco e nero, L’androgino, L’eroe, La donna angelo, Virilità trasgressione, Dalla culla alla corte, Pizzi: moda e simbolo.

A conclusione di questi anni di studio e di lavoro «matto e disperatissimo» (nel frattempo ha tenuto numerosi corsi di Museologia e condotto come visiting scholar una ricerca sul collezionismo al J. Paul Getty Museum di Malibu, in California), Alessandra pubblica il suo Il libro dei Musei (Allemandi, 1992), opera tuttora fondamentale che ha riscosso un meritato e grandissimo successo, anche a livello internazionale, per l’approccio nuovo e non didascalico con cui è stata affrontata una materia immensa e variegata, trattata come un continuum storico: dai musei più antichi a quelli contemporanei, cogliendone la individualità perchè «ogni museo è in se stesso un documento globale della storia della cultura, della storia della mentalità, insomma della storia del gusto».

La più recente voce «Museo», scritta da Alessandra Mottola Molfino per l’Enciclopedia Treccani (2017), offre un aggiornamento molto approfondito e dialettico sulla Museologia del XX e XXI secolo attraverso i temi più attuali: i nuovi musei spettacolari, il possibile futuro, il museo spettacolo, i musei locali, il rinascimento dei musei italiani, la crisi del modello tradizionale, la crisi finanziaria, il museo azienda, il marketing, la comunicazione, le mostre evento, l’educazione, l’emozione e i valori durevoli: «I musei con loro carico di arte e di storia, sembrano ancora uno dei pochi punti di riferimento e di ancoraggio per l’identità individuale e collettiva».

Altri volumi hanno indagato aspetti fondamentali di Museologia. Il possesso della Bellezza. Dialogo sui collezionisti d’arte (1997) è un confronto tra le due sorelle: Alessandra, storica dell’arte, e Francesca, psicoanalista, che indagano le forme e le ragioni del collezionismo; L’Etica dei Musei (2004) e Il Lavoro dei Musei (2004), che abbiamo scritto insieme per fornire alcuni suggerimenti, frutto della nostra esperienza, sul modo e il metodo per lavorare in un museo. Nel 1998, per la sua eccellenza, è stata chiamata al Comune di Milano come direttore centrale della Cultura e Musei dello Sport e Tempo Libero del Comune di Milano per un riordino generale del vasto sistema dei Musei Civici di Milano (più di ventitre).

Con una prassi non molto consueta la Mottola Molfino ha indetto concorsi internazionali di progettazione per creare nuovi musei: La Città delle Culture all’Ansaldo di Porta Genova (1999), il Museo del Novecento all’Arengario in piazza del Duomo (2001), la grande Biblioteca di Informazione e Cultura Beic (2002) e il riallestimento e restauro dei Musei del Castello Sforzesco di Milano.

Quando nel 2006 ha lasciato questo pesantissimo incarico, l’architettura della rete dei musei civici era realizzata e ora Milano può vantare istituzioni di grande livello che i nostri più giovani colleghi gestiscono con competenza e inventiva. A dimostrazione che un direttore di museo può diventare manager mentre un manager non può diventare direttore di un museo.

Nel triennio 2009-2012 è stata presidente nazionale di Italia Nostra nel cui ambito ha condotto battaglie sempre coraggiose; terminato il mandato per il settore Educazione del Patrimonio culturale in collaborazione con l’Istituto Enciclopedia Italiana Treccani ha ideato e dirige la collana di ebook «Le lampade di Aladino», agili e originali strumenti educativi, per gli insegnanti, sul patrimonio culturale, paesaggio, arte, città, storia.

In Saper vedere i musei del 2007 Alessandra ha proposto una chiave di lettura per visitare, in modo non banale, i musei, istituzioni complesse, di cui si parla tanto, ma spesso in modo generico e anche sbagliato. Iscritta dal 1968 ad Icom Italia (International Council of Museums) oggi è membro molto attivo del Collegio dei Probiviri.

Con determinazione e autorevolezza ha introdotto la discussione sul valore etico dei musei che oggi, al bivio tra mercato, spettacolo, marketing, mostre e educazione, richiede di essere ridefinito ad uso dei giovani, per i quali si chiede di poter lavorare stabilmente nei musei, «il mestiere più bello del mondo».
 

Alessandra Mottola Molfino

Cristiana Morigi Govi, 19 aprile 2019 | © Riproduzione riservata

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