La rivincita delle espressioniste astratte (e non solo)

Nella vasta rassegna della Whitechapel Art Gallery la moglie di Pollock torna nubile e c’è anche De Kooning, ma il suo nome è Elaine

«The Bull» (1959) di Elaine de Kooning. Cortesia di The Levett Collection. © EdeK Trust
Franco Fanelli |  | Londra

Una delle immagini più pubblicate sui manuali di storia è quella scattata da Nina Leen il 24 novembre 1950. È la foto di gruppo degli «Irascibles», artisti in polemica con il Metropolitan Museum di New York. Sono 14 uomini e una donna, percentuale quanto mai significativa anche perché nel gruppo posano, tra gli altri, Pollock e De Kooning, esponenti di quell’Espressionismo astratto dalla forte connotazione, a torto o a ragione affibbiatagli, maschilista.

Entrambi avevano sposato due pittrici, rispettivamente Lee Krasner ed Elaine Marie Catherine Fried, per molti anni schiacciate dall’ingombrante presenza dei consorti. La prima, in virtù dell’incidente stradale in cui a soli 54 anni morì Pollock, riuscì ad affermarsi un po’ prima e con meno ansie di Elaine, che comunque preferì dedicare la maggior parte delle sue energie alla promozione di De Kooning.

Entrambe sono state da tempo rivalutate e non potevano mancare nella vasta rassegna che la Whitechapel Art Gallery propone dal 9 febbraio al 7 maggio con il titolo «Action, Gesture, Paint: Women Artists and Global Abstraction 1940-1970». 81 le artiste scelte da un comitato scientifico anch’esso tutto al femminile (spiccano i nomi di Iwona Blazwick e di Bice Curiger), ma al di là del titolo non si tratta di una rivincita riservata alle espressioniste astratte, nonostante le presenze di Mary Abbott, Helen Frankenthaler, Joan Mitchell e Betty Parsons (che finì per diventare più nota come gallerista degli Action painter).

C’è ad esempio Carol Rama, che prima della sua fase figurativa fu una delle più originali interpreti dell’Astrattismo concretista. C’è la libanese Etel Adnan, che coniugava poesia, scrittura e pittura. Oppure la portoghese Maria Helena Vieira da Silva, una delle poche donne nella seconda stagione dell’Ecole de Paris, canto del cigno dell’Astrattismo storico. La mostra completa quella, in corso nella stessa sede sino al 7 maggio, dedicata alle donne pioniere dell’«arte agita»: «Action, Gesture, Performace: Feminism, the Body and Abstracion» riunisce 12 artiste impegnate in una forma d’arte in cui la connotazione politica è più evidente rispetto a quella che emergeva negli anni ’50, ’60 e ’70 in pittura.

La cubana Ana Mendieta è in tal senso la più intensa interprete di queste istanze. Le due mostre, a tratti, s’intersecano all’opera di artiste come Martha Graham, le cui coreografie devono molto alla pittura gestuale di Judith Godwin, o di Carolee Schneemann, che iniziò come espressionista astratta e poi trasformò il suo corpo in strumento da pittura, o Lygia Clark. Niki de Saint Phalle, invece, nei suoi happening sparava con carabine e pistole a sagome (spesso maschili) e sacchi pieni di colore con effetti grandguignoleschi.

Già, ma chi era l’unica donna presente in quella fotografia di gruppo con signora del 1950? Era Hedda Sterne, scomparsa nel 2011 a 101 anni. Di origine rumena, anch’essa aveva un marito importante, Saul Steinberg. Attraversò una fase surrealista e una espressionista astratta ed espose nella galleria di Betty Parsons. Fu una delle prime artiste a utilizzare la pittura spray. Tutto questo, comunque, non è bastato perché i suoi quadri venissero esposti nell’attuale mostra alla Whitechapel. Le curatrici devono avere pensato che in fondo era già sufficientemente nota dopo dopo quel celebre scatto.

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