La poeticità atemporale di Dean alla Bourse de Commerce

Un film muto in bianco e nero e a colori e una serie di opere inedite dell’artista britannica

«Sakura Study (Taki I)» (2022), di Tacita Dean. Cortesia dell’artista e della Marian Goodman Gallery. Foto: Simon Hanzer
Luana De Micco |  | Parigi

Ospite della rassegna «Avant l’Orage» («Prima della tempesta»), Tacita Dean, fino al 18 settembre, è l’artista presentata nella Rotonda della Bourse de Commerce, in particolare negli spazi scenografici ridisegnati da Tadao Ando, che avevano già accolto con successo l’installazione di Urs Fischer al lancio della Collection Pinault nel 2021. L’artista britannica, di 57 anni, propone «Geography Biography», un film muto, che alterna bianco e nero e a colori, che ha realizzato (con una pellicola 16 mm) appositamente per la Rotonda, trasformata in una sorta di immensa e circolare sala cinematografica immersa nel buio.

Un dispositivo costituito da due proiettori che ruota lentamente su se stesso e proietta immagini di 4 m su uno schermo gigante che segue le forme della sala. Una «coreografia infinita», secondo le parole di Emma Lavigne, direttrice della Collection Pinault e curatrice della mostra, che rimanda allo scorrere ciclico del tempo e delle stagioni e alla rotazione dei pianeti.

L’artista ha montato, in un’atmosfera poetica e atemporale, frammenti di suoi film, come un susseguirsi di cartoline dei viaggi in Giappone e in Grecia, della Francia, di Berlino, ma anche scene di vita familiare, performance del mimo Marcel Marceau e del ballerino Merce Cunningham o ancora il ritratto di David Hockney girato a Los Angeles nel 2016, uno scorrere ipnotico di paesaggi e volti. Anche per questo progetto, Tacita Dean ha utilizzato la tecnica della «mascheratura» sviluppata da lei anni fa.

Nella Galleria 2 sono allestite una serie di opere inedite sempre in relazione con il paesaggio e la fragilità della natura, tra cui «The Wreck of Hope», una serie di disegni a gessetto ispirati al «Mare di ghiaccio» di Caspar David Friedrich (1823-24), e «Sakura», dal nome dei famosi ciliegi giapponesi, che rinviano alla vulnerabilità e al ciclo della vita.

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