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La pittura al limite del quadro

Matteo Fochessati

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Al CAMeC le sperimentazioni di Giulio Turcato

Impegnato, non allineato: quest’attitudine ideologica ha improntato tutta la lunga carriera artistica di Turcato (Mantova, 1912 - Roma, 1995), a cui il CAMeC dedica l’ampia mostra antologica «Giulio Turcato. Dalla forma poetica alla pittura di superficie», curata da Eleonora Acerbi e Marzia Ratti e visitabile sino al 9 ottobre. Tale orientamento influenzò infatti le sue scelte estetiche negli anni dell’immediato dopoguerra, quando, di fronte all’aspra disputa tra l’ortodossia del Realismo socialista e le moderne forme di sperimentazione linguistica, aderì al Fronte Nuovo delle Arti, al Gruppo degli Otto e a Forma I, movimento artistico che nel suo manifesto programmatico del 1947 enunciò: «Noi ci proclamiamo formalisti e marxisti, convinti che i termini formalismo e marxismo non siano inconciliabili». 

Turcato tuttavia, pur nell’adesione al dibattito in corso, mantenne sempre una sua autonomia espressiva, improntata a una continua sperimentazione operativa, che lui stesso chiarì con queste parole: «Io sperimento per riuscire a spostare un po’ più in là il limite dell’espressione possibile, per dilatare il linguaggio». La selezione di ottanta opere dal 1945 al 1991 documenta in maniera puntuale ed esauriente il suo processo artistico che, dopo le prime importanti esperienze astratte degli anni Cinquanta, lo portò ad aderire alle tensioni stilistiche dell’Informale. Quest’ambito di ricerca, caratterizzato da sperimentazioni segniche e materiche (attraverso l’uso di materiali non convenzionali come la gommapiuma, il catrame, sabbie e polveri fluorescenti), fu determinante per le sue successive esperienze, negli anni Ottanta e Novanta, sul colore-luce dei «Cangianti». E se anche la sua ricerca incluse significative incursioni in campo plastico, testimoniate da due installazioni degli anni Settanta («Porta» e «Finestra») e dalle squillanti sagome lignee di «Oceaniche», il suo percorso riflette un’assoluta fedeltà alla pittura, come Turcato confermò con la sua consueta ironia: «Il quadro è vecchio come il cucco, ma è come il pianoforte per uno che fa musica. La pittura è anche un esercizio, un fare». 

Matteo Fochessati, 21 marzo 2016 | © Riproduzione riservata

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