La nuova visione dell’Arabia Saudita

Il regno della dinastia Al Saud è entrato in una nuova fase della propria storia

L’opera «She Placed One Thousand Suns On The Transparent Overlays Of Space» della statunitense Lita Albuquerque, uno dei 14 artisti della biennale «Desert X Al-Ula». Foto di Lance Gerber. Cortesia dell’artista, Rcu e Desert X
Anna Somers Cocks |

Riad. Nel 1877, dopo 28 giorni trascorsi a dorso di un cammello, un inglese che si faceva chiamare Khalil arrivò, esausto e con il volto bruciato dal sole, ad Al-Ula, città oasi dell’Arabia nord-occidentale, insieme a decine di migliaia di fedeli in pellegrinaggio da Damasco verso Medina e La Mecca. Khalil, che non sarebbe anacronistico definire il primo turista occidentale della storia, si fermò qui per ammirare le tombe rupestri di Meda’in Salih (in arabo «Le città di un profeta musulmano», corrispondente all’antica Hegra) di cui aveva sentito narrare meraviglie a Damasco.

Quelle tombe sono la punta di diamante su cui punta l’industria del turismo saudita, al centro di una svolta epocale se si pensa che fino a poco fa tutti gli sforzi erano indirizzati verso l’obiettivo opposto: tenere lontano chiunque manifestasse anche solo curiosità per questi luoghi. Da settembre 2019, invece,
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