La nostra ignoranza dell’arte islamica è ottocentesca

Contrariamente all’opinione diffusa non è né iconoclasta, né aniconica, né ornamentale, né immutata nei secoli, né esclusivamente religiosa

Mattia Guidetti |

Nel numero dello scorso 7 aprile di «Sette», il supplemento del «Corriere della Sera», è apparso un articolo di Francesco Battistini intitolato «Lo scontro di civiltà uccide anche la bellezza». Richiamato in copertina dalla riproduzione di «Persepoli», un’opera di Luca Pignatelli, il pezzo presenta una serie di casi in cui opere d’arte sono state al centro di polemiche e censure da collegarsi al presunto scontro in atto tra religione e laicismo e, più nello specifico, tra il cosiddetto Islam e il cosiddetto mondo occidentale.

L’opera di Pignatelli, una testa di una scultura greca impressa su un tappeto iraniano, dopo che in un primo momento era stata accettata dal prestigioso Tefaf di Maastricht, non è stata infine selezionata dai curatori (cfr. n. 374, apr. ’17, p. 68 e 71). Se le ragioni dell’esclusione dell’opera rimangono imperscrutabili (e sono forse legate alla concomitante
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