«Papa Clemente VIII» di Romolo di Francesco Ferrucci detto anche Romolo del Tadda su cartone di Jacopo Ligozzi, Malibu, J. Paul Getty Museum

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«Papa Clemente VIII» di Romolo di Francesco Ferrucci detto anche Romolo del Tadda su cartone di Jacopo Ligozzi, Malibu, J. Paul Getty Museum

La luce metafisica dei marmi colorati

Un nuovo approccio unisce la cosmologia e la scienza antica allo studio delle pietre

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Dario del Bufalo

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Si poteva pensare che dopo i tanti studi pubblicati negli ultimi cinquant’anni sui marmi colorati in architettura non si sarebbe sentito il bisogno di un nuovo lavoro sull’argomento. Painting in Stone di Fabio Barry ci ha fatto ricredere completamente. Si percepisce subito, fin dalla struttura dell’indice, dall’impostazione dei capitoli e dall’impianto iconografico, che questo è un libro basato su una rigorosa conoscenza della scienza e della cosmologia dei secoli che hanno preceduto il Settecento, quando ebbero inizio gli studi moderni della geologia, ed è il frutto di anni di frequentazione di Roma e del Mediterraneo, anni durante i quali Barry ha accumulato una mole impressionante di notizie, suggestioni, riflessioni su opere d’arte, architetture e immagini, senza mai fermarsi alla sola superficie pittorica o a quella litica.

Certo per noi vecchi architetti pentiti, il suo nuovo approccio all’argomento è stato traumatico, non essendo abituati a confrontare questa rude materia col divino, col trascendente e con il supernatural. Ci si sente smarriti nel dover riesaminare tutte le opere conosciute nel passato, analizzate di nuovo dall’autore sotto una nuova luce metafisica. Leggendo Barry, la scienza che spiegava il Caos geologico e magmatico che ha generato le cromie e le variegazioni disegnate dalla natura nei marmi antichi sembra essere divenuta solo opera dell’arte di dio! È dunque il divino che ha creato una materia così bella e complessa o è questa materia che ha aiutato l’uomo a comprendere e illuminare il divino? È la luce che accende il marmo o è il marmo la luce astrale che ci illumina?

Painting in Stone risponde a queste domande e svela molti misteri dall’Egitto dinastico alla Mesopotamia, da Micene a Olimpia, da Pella a Delos, da Roma a Pompei nel periodo classico, ma l’infaticabile racconto prosegue per Costantinopoli, indaga il Medioevo occidentale, tocca con grazia il Rinascimento e affonda nel Barocco con la Cloud Architecture.

Barry trova poetiche, o addirittura «dettate dalla Provvidenza», alcune scelte di artisti come Mies van der Rohe e Jackson Pollock e chiude il finale con alcune riflessioni sullo scultore inglese Steven Cox che incontrai in Egitto nel 1988. Nel Deserto Orientale egiziano di solito non incontri nessuno, ma quell’anno sul Mons Porphyrites mi imbattei in Cox che, come me, era alla ricerca del porfido imperiale romano. Sebbene ci unisse quell’insana passione per il marmo («Stone Addicts») non entrammo mai in amicizia ma neanche in competizione.

Gli unici dubbi che mi sono rimasti dopo aver letto Painting in Stone sono:
1. Perché una narrazione così poetica di tanto in tanto diventa così tecnica? E perché Barry chiama «calcite» o «travertine» l’amato alabastro? Oppure «pegmatitic diorite» il magico Granito della Colonna?
2. Barry analizza e interpreta a fondo un solo pavimento cosmatesco, quello di Westminster Abbey, realizzato da Odoricus nel 1268 con marmi romani e inglesi. Questo altare rappresenta un unicum nella storia dei Cosmati fuori dall’Italia, ma qui l’autore non mi convince quando salta a piè pari tutto il magico, esoterico e poetico periodo del riuso cosmatesco dei marmi colorati romani, presenti in migliaia di esempi in tutto il territorio italiano da Nord a Sud.
3. Mi chiedo infine se il titolo più in linea sia Painting in Stone oppure Stone in Painting: era un mio vecchio progetto editoriale ancora in corso. Insomma, l’autore ribalta il concetto dei marmi colorati come espressione del lusso classico o delle varie rinascite dell’antico e lo innalza a poetica della cosmologia e filosofia della natura in architettura o a mezzo di comunicazione con il trascendente e il divino.

Fabio Barry mi è simpatico anche perché somiglia in modo impressionante al mio attore preferito Gene Hackman; altrimenti lo odierei per aver pubblicato questo che è il libro che tutti noi amanti del marmo e dell’architettura avremmo voluto scrivere.

Painting in Stone. Architecture and the Poetics of Marble from Antiquity to the Enlightenment
di Fabio Barry, 448 pp., 215 ill. col. e 117 b/n, Yale University Press, New Haven 2021, $ 65

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Dario del Bufalo, 28 marzo 2021 | © Riproduzione riservata

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