La libertà nella clausura | JOAN FONTCUBERTA
Le voci degli artisti nel coprifuoco da coronavirus

«In primo luogo questa situazione obbliga a una cura di umiltà: non faccio niente di ciò che avevo in programma di fare, ma non importa e non cambia niente. Invece mi ritrovo a fare cose che non avevo previsto. Trovo il tempo per pensare e rivedere progetti lasciati in sospeso da chissà quanto tempo. Leggo molto, ho tempo di editare tranquillamente la produzione fotografica che sempre mi si accumula e di recuperare note e appunti ammucchiati e dimenticati sulla scrivania.
Soprattutto cerco di lasciare fluire la mente e di “perdere il tempo”, anche se cerco di farlo in maniera creativa: mi vengono molte idee e questo mi dimostra quanto sono stupido, è possibile che abbia bisogno che si decreti uno stato d’allarme per anteporre alla routine occupazioni che in realtà sarebbero molto vantaggiose non solo in questa situazione, ma sempre?
Sento che sto facendo un reset del mio sistema mentale.
Per molti la clausura sarà un periodo d’incubazione e quando finirà, assisteremo a un’esplosione di creatività. In ogni caso, non mi aspetto importanti cambiamenti strutturali. Sono sicuro che ora stiamo tutti facendo ammenda e moltiplichiamo i buoni propositi per il futuro, ma alla fine della crisi torneremo al nostro ritmo frenetico.
Credo che dimenticheremo presto la sostenibilità economica e la coscienza ecologica che ora, terrorizzati, invochiamo e difendiamo, e riprenderemo come se niente fosse il nostro abituale consumo smisurato e autodistruttivo».
a cura di Roberta Bosco