La libertà nella clausura | ALBERTO GARUTTI

Le voci degli artisti nel coprifuoco da coronavirus

Alberto Garutti. © Delfino Sisto Legnani
Alberto Garutti |

«Quello che stiamo vivendo è un punto di vista nuovo, stiamo assistendo a uno spostamento di equilibri. Vi è anche una mancanza di relazione, dovuta all’isolamento e alla distanza, che non è solo una distanza fisica. Al di là della tragedia e della sofferenza, che sono reali, le difficoltà della vita a volte producono condizionamenti capaci di fare evolvere noi come specie e anche l’arte che creiamo.

Per secoli abbiamo prodotto opere d’arte di qualità altissima grazie alla presenza di grandi “limitatori”, ovvero committenti, principi, papi, signori che hanno condizionato con le loro esigenze gli artisti. E i grandi artisti, di fronte alle difficoltà, hanno sempre prodotto con rinnovata spinta progettuale delle nuove visioni. Credo che ciò sia valido ancora oggi, tuttora non esiste una vera e propria libertà: siamo esseri umani e, in quanto tali, ci confrontiamo con dei limiti imprescindibili, primo su tutti quello della morte.

Sono dunque certo che la situazione attuale aprirà a nuovi immaginari: mi piace questa condizione di attesa perché in essa si cela sicuramente un’opera, che deve ancora nascere e ancora non conosco. In effetti un’opera d’arte contiene sempre qualcosa di non detto, di indecifrabile: quello che conta nell’arte è la misteriosità dell’evento visivo, ciò che ci sfugge e che non sappiamo afferrare.

In questo momento tragico e di incertezza la natura si fa sentire, si ribella alla nostra prepotenza; ciò che mi conforta però è che l’arte ne contenga il suo senso mistico. Un’opera d’arte produce un’idea critica, etica e poetica e noi, grazie ad essa, ci aspettiamo di poter assistere ad un processo di conoscenza sempre nuovo».

a cura di Federico Florian

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