La Germania è Fotolandia
Sono oltre 5mila i musei, le gallerie, le accademie, le fiere e i festival dedicati all’ottava arte capillarmente sparsi nel territorio della Bundesrepublik

L’imminente apertura del Deutsches Fotoinstitut (DFI) a Düsseldorf, «luogo pubblico per il passato, il presente e il futuro della fotografia nelle sue forme (...) per la ricerca, la raccolta e la conservazione e per il progresso necessario alla disciplina» (come recita il suo manifesto), sancirà nel 2023 l’apoteosi dell’inscindibile, vincente accoppiata Germania/Fotografia, tanto nel segno della tradizione quanto in quello della novità.
Oltre 5mila, tra musei, gallerie, accademie, fiere e festival capillarmente sparsi nel territorio della Bundesrepublik: è questo il nuovo, impressionante numero di iniziative che riguardano specificamente il mondo della fotografia in Germania; un’eccezionale anomalia a livello europeo e intercontinentale, frutto di una politica culturale nazionale lungimirante che investe ingenti somme nel mondo della cultura (2,39 miliardi di euro nel 2023, +4% rispetto al 2022) e dunque in un settore altrove bistrattato o snobbato, quello della fotografia in quanto forma d’arte e di comunicazione.
Non è cosa di poco conto che l’omologo tedesco del nostro Dicastero al Collegio Romano porti la dicitura, assai cara all'attuale segretaria di Stato Claudia Roth, di Ministero della Cultura e dei Media, implicando sfere di azione e politiche di più ampi orizzonti, improntate al progresso e alla libertà di espressione oltre che alla tutela e conservazione dei beni. Già nel 1935 Walter Benjamin comprendeva le nuove incredibili potenzialità artistiche, in senso politico e mediatico, del mezzo fotografico, da sempre, fin dalle origini, di casa in una Germania che vanta, tra grandi classici, riscoperte e nuovi nomi di esponenti della disciplina, un’infinità di esempi famosi in tutto il mondo.
In continua trasformazione, come i processi di civilizzazione che racconta, la fotografia ben rappresenta l’anima di una Nazione protagonista delle più significative stagioni storico politiche del secolo breve e di quest’ultima che l’ha eletta suo malgrado terra di approdo di milioni di «expat» e richiedenti asilo (nella classifica mondiale 2022 seconda solo agli Usa) costretta a reinventarsi società multietnica, tuttavia non dimentica della propria cultura. Se si vuole raccontare il nuovo miracolo fotografico tedesco non si può non tener conto anche di altre piccole grandi storie, ai margini delle istituzioni, della politica e delle grandi biografie.
Un ruolo fondamentale nel processo di sviluppo della disciplina, da misconosciuta riserva indiana per stravaganti intellettuali a fenomeno artistico di massa, è stato giocato negli ultimi 50 anni, e con un picco vertiginoso negli ultimi sette, dalle donne, sempre più presenti in posizioni chiave di grandi e piccole istituzioni culturali: grazie al lavoro di direttrici e chairwomen come Barbara Hofmann-Johnson al Museum für Photographie di Braunschweig, Stephanie Rosenthal al berlinese Gropius Bau, Katja Eichinger a C/O Berlin o Katharina Mouratidi nel f³– freiraum für fotografie sempre a Berlino, per citarne solo alcune, e di collettivi di studiose come quello a capo del leggendario Verborgenes Museum di Berlino, sono state riportate alla luce esistenze e carriere di artiste e professioniste un tempo acclamate e poi frettolosamente rimosse da manuali ufficiali e programmi di mostre; sul palco e dietro le quinte dei musei svolgono un fenomenale lavoro di rilettura di decenni di storia cancellata dal pregiudizio sessista, capaci di attirare a Berlino come a Monaco sempre più artiste e studiose di calibro internazionale.
Oggi oltre il 30% dei più importanti musei tedeschi è diretto da donne, mentre circa il 70% delle mostre presentate nel 2022 è stato firmato da curatrici esperte della materia. Anche la natura new pop dell’attuale scena fotografica tedesca è un aspetto da non sottovalutare: mostre e festival vengono sempre più frequentati da un pubblico giovane, se non giovanissimo (13-35 anni) che partecipa entusiasta nella duplice veste di visitatore curioso di storie passate e d’interprete su piattaforme interattive virtuali create ad hoc.
Non è raro che un utente Instagram tedesco, postata una propria foto sul social, corra il rischio di essere preso sul serio, di vincere premi, borse di studio e partecipazioni a rassegne di giovani talenti. La dimensione democratica pop di questa nuova fotografia, la sua freschezza e autoconsapevolezza, la possibilità per chi l’ha scelta proprio mezzo di espressione di muoversi in un contesto libero da ogni forma di censura (governativa, religiosa, di mercato) sono forse le chiavi di lettura di questo prodigio tutto tedesco.