La finanza fa crescere il mercato dell’arte

Secondo l’analisi di Deloitte il fatturato globale delle case d’asta è aumentato nel 2021 del 67,4% rispetto al 2020, superando anche i livelli pre Covid e la tendenza all’incremento è proseguita nella prima parte del 2022

Un particolare della copertina del report 2022 di Deloitte
Elena Correggia |

Spunti interessanti emergono dall’Art&Finance Report 2022 di Deloitte, uscito di recente e di cui si è discusso anche a Firenze nella conferenza «Il mercato dell’arte e dei beni da collezione» lo scorso 29 novembre, evento organizzato dalla stessa Deloitte con il patrocinio di Amcham (Camera di Commercio Americana in Italia), del Consolato Usa di Firenze e di Howden.

A scandagliare i risultati delle grandi case d’asta internazionali, il 2022 si è svolto all’insegna di risultati da record, proseguendo un andamento positivo iniziato nel 2021, senza in apparenza risentire del clima di incertezza che ha invece frenato le performance di mercati più tradizionali. Solo le ultime aste autunnali sembrano avere in parte raggiunto risultati meno eclatanti, nonostante sia ancora presto per capire se si tratti di un effetto di aggiustamenti derivante dal precedente boom, oppure un riflesso del complesso contesto macroeconomico globale.

I numeri d’altronde parlano chiaro: nel 2021 la crescita del fatturato complessivo del campione di case d’asta considerato era stato del 67,4% rispetto al 2020 e del 17,7% rispetto al 2019, con un superamento addirittura dei livelli di fatturato pre Covid.  Nel primo semestre 2022 la tendenza è proseguita con un ulteriore incremento del 9% nei confronti dello stesso periodo del 2021.

Nonostante la crescita del numero di aste online, verso le quali le giovani generazioni sono naturalmente più attratte rispetto agli acquirenti tradizionali del mondo degli incanti, a leggere tra le righe del rapporto emerge con prepotenza il cambiamento dell’approccio alle aste da parte della stessa tipologia di compratori, all’insegna del legame sempre più stretto tra arte, beni da collezione e investimento nel senso finanziario del termine.

Un elemento che sta portando a un’autentica rivoluzione copernicana in un mondo dove i semplici appassionati, al di là delle risorse che possono mettere in campo, paiono destinati nel giro di breve termine a ricoprire un ruolo marginale. La crescita delle aste pare infatti alimentata non tanto da un crescente interesse di tipo culturale verso ciò che rappresentano i beni da collezione e la loro storia (in primo luogo l’arte, con la pittura che nel 2021 ha mosso il 73,7% del mercato globale di questi stessi beni) quanto dalla grande disponibilità di liquidità a livello internazionale.

Nulla di nuovo sotto il sole, accadeva lo stesso nell’Italia del boom con miriadi di nuovi ricchi pronti a riversare i denari fatti in fretta in opere da appendere sulle pareti di casa, per provare a sé stessi e agli altri la misura dello status appena conquistato. Ma nel mondo di oggi sono in ballo cifre sovente stratosferiche e la ristretta nuova élite che determina lo spostamento di grandi quantità di denaro lo fa di norma attraverso consulenti che, proprio per l’entità di quanto messo sul tappeto, esigono un ritorno di quella che è una vera e propria forma di investimento.

Se così non fosse non si spiegherebbe la percentuale di consapevolezza da parte di private banker e family officer della necessità di gestione dell’arte con un approccio integrato rispetto al patrimonio complessivo. Il rapporto Deloitte indica che la quota di gestori patrimoniali che offrono servizi di consulenza nel settore arte e beni da collezione è passata dal 39% nel 2011 al 78% nel 2021.

Il cambiamento di rotta sarà sempre più marcato con il passaggio del testimone alle nuove generazioni di collezionisti. Tra i più giovani (sotto i 35 anni), il 64% dichiara uno specifico interesse all’aspetto finanziario dell’acquisto di opere d’arte, mentre tra i collezionisti più anziani la percentuale si ferma al 30%, meno di un terzo del totale.

Certamente l’aspetto emotivo rimarrà sempre un fattore importante nell’acquisto, ma secondario rispetto al ritorno atteso dall’asset rappresentato dai «collectibles». Si inseriscono in tale ottica altre tematiche complesse, a partire dalle nuove esigenze di sviluppo sostenibile, cui non possono sottrarsi neppure settori sulla carta assai distanti dal generare simili problematiche, per approdare agli adempimenti antiriciclaggio necessari quando si riversano in fretta sul mercato somme ingenti. Sono tutti aspetti che trovano nel rapporto Deloitte una attenta disamina sia dello stato di fatto sia dei possibili futuri approcci alla questione.

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