La cultura si riprenderà prima in Europa che in Usa

Per «The New York Times» e «Artnet» l'orizzonte sarà più sereno nei Paesi Ue

Un museo chiuso a Washington
Anna Somers Cocks |

New York. Con 10 milioni di disoccupati già alla fine di marzo e la probabilità che questo numero aumenterà a 30 milioni entro luglio, Emmanuel Saez e Gabriel Zucman hanno spiegato sul quotidiano statunitense «The New York Times» del 30 marzo il motivo per cui in questa crisi i posti di lavoro vengono distrutti più rapidamente negli Usa che in Europa, attribuendone la causa non tanto alla quantità di denaro con cui i rispettivi governi sovvenzionano le imprese, quanto al modo in cui esso viene distribuito.

Basandosi su questa analisi, il sito specializzato Artnet pubblica un articolo sulla previsione secondo la quale il mondo dell’arte recupererà più rapidamente in Europa (compreso il Regno Unito) che negli Usa. In Europa, gli aiuti dei governi vanno prima alle aziende che incentivano a mantenere le loro forze lavorative affinché non perdano concorrenzialità. Il sistema economico di produzione e consumo rimane intatto, seppure in condizione di letargo temporaneo, e sarà pronto a ripartire quando la crisi sarà passata.

Negli Usa il governo federale ha votato 2.200 miliardi di dollari di aiuti di emergenza all’economia, di cui 349 miliardi sono stati accantonati per prestiti alle piccole imprese (che comprendono molte gallerie d’arte e enti non profit), ma l’incompetenza amministrativa nel distribuirli, sommata al principio di «primo arrivato, primo servito», fa presagire che molte di queste imprese chiuderanno i battenti prima di essere soccorse, non essendo le banche disposte a dar loro aiuto temporaneo. Per salvarsi, molte imprese e istituzioni stanno licenziando il personale, come hanno già fatto vari musei, inclusi il Moca e l’Hammer Museum di Los Angeles, il SFMOMA di San Francisco, il Whitney e il New Museum di New York.

Il sistema di assicurazione contro la disoccupazione negli Usa amplifica questo problema, perché i pagamenti sono condizionati alla possibilità di dimostrare ogni settimana che si sta cercando un nuovo lavoro, il che aiuta a distruggere i legami di competenza nei settori. Artnet conclude che questa politica della «legge della giungla» forse porterà a una rinascita più innovativa, ma i tempi di recupero saranno lunghi e ritarderanno il riconoscimento già scarso da parte del grande pubblico del valore della cultura.

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