La civiltà della letteratura e dell’arte

Roberto Calasso sotto il segno dell’eleganza e del riserbo

Roberto Calasso
Arabella Cifani |

«L’estate la sentivo arrivare dal viale»: è questo l’incipit già carico di tante cose ancora inespresse, del primo libro di memorie che Calasso tentò di scrivere a dodici anni a Firenze. Lo ricordava lui stesso nell’appena edito suo volume di memorie Memè Scianca, uscito nella «Piccola Biblioteca Adelphi», che piccola non è, contando su ben 768 titoli (e non è che una parte di quanto pubblicato nei decenni). Con l’estate è arrivata anche per Calasso la morte e ora tutti commemoriamo, ricordiamo, lodiamo. Come è giusto che sia. Ma che malinconia. Quando si spengono intelligenze come quella di Calasso, scende un velo nero sulla cultura in Italia e in Europa, su quel piccolo «resto» che ancora coltiva la letteratura e le arti, sempre più esiguo, sempre più vecchio e stanco.

Calasso apparteneva ad una razza in via di estinzione. Non era solo il presidente della Adelphi, ma traduceva, leggeva, controllava, lavorando molto in prima persona, con un lavorio diuturno che i dirigenti editoriali di oggi, per la maggior parte, non accetterebbero, poiché privo di orari, di garanzie sindacali, di ferie organizzate, di ponti e ponticelli. Lo spingeva la passione; quella che non fa calcolare le ore del lavoro, ma che punta al lavoro ben fatto in ogni dettaglio. La casa editrice era una parte di lui. Veramente una cosa che non esiste più. Oltretutto scriveva libri in proprio, e che libri. Singolari, sofisticati, fuori da tutti i canoni. Certo fuori dalla storia dell’arte accademica. D'altronde da un allievo di Mario Praz, questo era da aspettarsi.

La sterminata produzione di libri della Adelphi è stata sorretta in tutti questi anni da due pilastri fondamentali. Uno in gara con l’altro per conquistare la preminenza: il libro e l’oggetto libro. Due facce della stessa medaglia. Chi prende in mano un libro Adelphi si trova davanti un oggetto bello e affascinante anche nelle sue forme esteriori: copertine splendide e originali; carta non preziosa, ma di qualità e leggera, adatta anche per le letture serotine a letto, quelle che portano via la mente a galoppare verso mondi diversi nei quali addormentarsi e continuare a sognare. Libri che vivono di una vita propria e che fa sempre piacere riprendere fra le mani. I

l potere virtuoso dei libri editi dalla Adelphi opera ancor oggi già dal titolo e dalla copertina. Con Calasso abbiamo potuto viaggiare sincronicamente in tutto il mondo e diacronicamente in molti secoli. Il suo intuito critico eccezionale ci ha permesso di leggere testi che in italiano non avremmo potuto leggere. Calasso ci ha accompagnati con discrezione ed elegante riserbo per decenni nello scoperta delle più raffinate delizie della letteratura e dell’arte. Non gli saremo mai sufficientemente grati per averci permesso di leggere corposi volumi di Arbasino, Sandor Marai, Cioran, Landolfi, Ceronetti, Fumaroli, Canetti, Piron, Muratov; classici singolari come L’antro delle ninfe e Sui simulacri di Porfirio. Scrittori e testi rari.

Le centinaia di autori che ha attraversato non hanno contagiato il suo pensiero lucido sulle realtà e non si sono identificati con Calasso scrittore. Una età, affermava Praz, «si giudica non soltanto da ciò che produce, ma anche, e forse più, da ciò che valuta e soprattutto da ciò che rivaluta del passato». Una epigrafe degna di Calasso.

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