L'ossessione di Arikha è «vedere in modo giusto»

La copertina del volume
Luca Scarlini |

Avigdor Arikha (1929-2010) ha continuato per tutta la sua esistenza a indagare le ragioni dell’arte, scrutando il gioco delle forme, come riassume benissimo l’immagine scelta per questa raccolta dei suoi scritti, un’opera del 1988 dal titolo «Autoritratto in impermeabile mentre guarda lontano».
Tornato alla figurazione dopo un periodo di immersione nell’astrattismo, a Parigi trovò una speciale affinità con Samuel Beckett, che scrisse di lui in varie occasioni. Al centro di questa importante raccolta di scritti, nati per occasioni diverse, c’è l’idea di fondo di affrontare pittori per cui «provava più stima che affinità», astenendosi invece dallo scrivere su «Hals, Piero o Chardin».
Quindi, come per l’autore di Aspettando Godot, al centro di questi interventi, spesso acuti, sta la considerazione dell’impossibilità della parola rispetto alla definizione dell’immagine, e
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