L’oscuro destino delle collezioni «traslocate» dai russi

È sempre più alto il rischio che la collezione del Museo d’arte regionale di Kherson, inviata in Crimea per essere «custodita», possa rimanere nel territorio occupato dalla Russia nel 2014 anche dopo la fine delle ostilità

Hanna Skrypka, vicedirettrice del Museo regionale d’arte di Kherson in Ucraina, dopo la razzia delle opere durante l’occupazione russa del 2022
Martin Bailey |

Un’inchiesta di «The Art Newspaper», testata internazionale di «Il Giornale dell’Arte», solleva serie preoccupazioni sul fatto che le opere d’arte prelevate dalle truppe russe nell’Ucraina occupata potrebbero non essere rimpatriate una volta concluso il conflitto. Lo scorso novembre, centinaia di dipinti sono stati rimossi dal Museo d’arte regionale di Kherson e spediti a Simferopol in Crimea, conquistata dalla Russia nel 2014. Altri musei ucraini hanno subito un destino simile. Le opere del museo di Kherson sono ora conservate in una sala concerti del Museo d’arte di Simferopol (parte del Museo centrale di Taurida), diretto da Andrei Malgin.

Secondo le nostre indagini, Malgin, nato a Simferopol, è vicino a Vladimir Putin ed è stato uno dei principali sostenitori della conquista russa della Crimea. I dipinti di Kherson sono stati trasferiti a Simferopol per essere custoditi, come sostengono i russi? O sono stati presi come bottino di guerra, come ritengono gli ucraini? A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina (24 febbraio 2022) e a nove dell’occupazione russa (20 febbraio 2014) e della successiva annessione della Crimea, indaghiamo sulle complesse questioni derivanti dalla perdita di Kherson.

Tra il 31 ottobre e il 4 novembre 2022 sono arrivate al Museo d’arte regionale di Kherson (noto anche come Museo Oleksiy Shovkunenko) una quarantina di persone, tra cui truppe russe e specialisti d’arte, che hanno ottenuto l’accesso ai depositi dove erano conservati i dipinti, la maggior parte dei quali è stata rimossa e caricata su camion. La destinazione era Simferopol, la seconda città più grande della Crimea, a 260 chilometri di distanza; i quadri sono stati collocati presso il locale museo.

Hanna Skrypka, vicedirettrice del museo di Kherson, ha dichiarato che sono state prelevate 10mila delle 13.500 opere d’arte. Nonostante non si tratti di dipinti, come da lei dichiarato, ma in parte anche di disegni, stampe e monete, è incontrovertibile che il meglio dell’importante collezione di Kherson sia stato portato via.

Kherson è stata conquistata dalle forze russe il 2 marzo 2022, appena una settimana dopo l’invasione, ed è rimasta occupata per otto mesi. Alla fine di ottobre le truppe ucraine stavano avanzando e sono rientrate a Kherson l’11 novembre, una settimana dopo la rimozione delle opere d’arte. Dal punto di vista della sicurezza, i rischi di saccheggio in una situzione di totale anarchia o di danni provocati dai combattimenti andavano bilanciati con i rischi di un trasporto dei dipinti su camion in una zona molto vicina alla linea del fronte. Per quanto sia difficile per un osservatore esterno esprimere un giudizio, a posteriori sarebbe stato probabilmente più sicuro lasciare i dipinti nel deposito di Kherson. Il museo infatti non ha subito danni.

Dal momento che Kherson fa parte dell’Ucraina, il ministro ucraino della Cultura Oleksandr Tkachenko chiede che la collezione del museo venga restituita: la Russia, afferma, sta cercando di «distruggere la cultura del mio Paese». I dipinti di Kherson sono datati tra XVII e XX secolo e comprendono icone ucraine che sono tutto ciò che è rimasto delle chiese distrutte durante il periodo comunista.

Pochi giorni dopo la rimozione delle opere, Malgin ha commentato al «Moscow Times», pubblicato ad Amsterdam: «A causa dell’introduzione della legge marziale nella regione di Kherson, sono stato incaricato di conservare in deposito temporaneo i reperti del Museo d’arte di Kherson per garantirne la sicurezza fino a quando non saranno restituiti al legittimo proprietario». Il termine «incaricato» suggerisce che il compito gli sarebbe stato assegnato dal Governo della Crimea a gestione russa. La restituzione al «legittimo proprietario» può sembrare ragionevole, ma le autorità russe potrebbero avere una visione molto diversa da quelle ucraine.

Le nostre indagini, che rivelano gli stretti legami con Putin, provengono dal sito web «Presidente della Russia» del leader russo, dove le informazioni principali su Malgin compaiono in una traduzione ufficiale in inglese. Il sito web del Cremlino registra che Malgin era presente a due incontri con Putin. Il 10 aprile 2014 era tra i membri del Fronte Popolare Russo che hanno incontrato Putin vicino a Mosca. Malgin ha poi ricoperto un incarico politico di alto livello, come copresidente in Crimea del Fronte, un’organizzazione creata da Putin nel 2011.

Seduto al centro della prima fila, Malgin era uno dei quattro membri dell’organizzazione politica che avevano preso al parola. Rivolgendosi a Putin aveva detto: «Quando la Crimea si è unita alla Russia [un mese prima, nel marzo 2014, Ndr], non si trattava solo di unire i territori e i popoli; si trattava anche di unire un’intera porzione del nostro passato e della nostra storia comuni». Aveva poi commentato che l’Ucraina indipendente non è riuscita a prendersi cura dei suoi musei in Crimea: «L’Ucraina non aveva né i soldi né il desiderio di prendersi cura di cose e siti che fanno parte della nostra storia sovietica, imperiale, russa». Putin aveva replicato: «I musei in Ucraina e in Crimea hanno collezioni molto ricche, che riguardano il nostro passato eroico, la nostra cultura e la nostra letteratura».

Il 18 marzo 2021 si è tenuto un altro incontro a cui ha nuovamente partecipato Malgin, che ha elogiato l’incursione russa in Ucraina, sostenendo che il suo scopo era quello di sconfiggere il nazismo: «Sette anni fa [quando la Russia ha conquistato la Crimea, Ndr], anche noi abbiamo affrontato il riemergere dell’ideologia nazista... Questo è il motivo per cui oggi facciamo parte della Russia».

La domanda ora è: chi è il «legittimo proprietario» della collezione di Kherson? La posizione dell’Unesco è chiara: secondo la Convenzione dell’Aia del 1954, «quando l’occupazione termina [dopo un conflitto armato, Ndr], lo Stato deve restituire gli oggetti culturali alle autorità precedentemente occupate». Sia la Russia che l’Ucraina sono firmatarie della Convenzione.In seguito alla rimozione delle opere, la Polizia di Kherson ha aperto un’indagine penale su quello che potrebbe rivelarsi un crimine di guerra. Malgin era stato coinvolto già in precenza in una causa legale per il recupero degli «ori degli Sciti», prestati da quattro musei della Crimea per la mostra «La Crimea. Oro e segreti del Mar Nero», nel 2014 all’Allard Pierson Museum di Amsterdam.

Al termine della mostra, due mesi dopo la conquista russa della Crimea, sia le autorità ucraine che quelle della Crimea avevano chiesto la restituzione degli oggetti, dando vita a una lunga battaglia legale nei Paesi Bassi, che ha portato a una vittoria ucraina (poiché le collezioni dei musei sono di proprietà dello Stato), anche se potrebbe ancora essere presentato ricorso alla Corte suprema. Malgin è stato la figura chiave, tra i direttori di museo coinvolti, a chiedere la restituzione dell’oro alla Crimea. Dopo l’emanazione del verdetto a favore delle richieste dell’Ucraina, l’agenzia di stampa statale russa Tass ha descritto lo stesso Malgin «senza parole per la rabbia e l’indignazione».

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