L’occhio su AMART 2022

Reportage dal Museo della Permanente per la quarta edizione della fiera d’antiquariato di Milano. Parte seconda

Un particolare dalla scorsa edizione di AMART
Ada Masoero |  | Milano

PARTE SECONDA | Ad AMART la qualità è il comune denominatore
La galleria Longari Arte vince il primo premio ideato da «Il Giornale dell’arte» per il migliore stand. Menzioni speciali per Matteo Salamon e Alessandro Cesati. La manifestazione milanese dedicata all’antiquariato prosegue fino al 23 ottobre
di Ada Masoero

È di assoluta qualità, forse la più bella delle quattro che si sono viste sinora, l’edizione di AMART che si è appena aperta al Museo della Permanente, a Milano e che sarà visitabile fino a domenica 23 ottobre. Tutti gli espositori con cui abbiamo parlato (in prevalenza milanesi, essendo la manifestazione organizzata dall’Associazione Antiquari Milanesi, con Promo.Ter Unione, ma non solo), hanno del resto avuto riscontri positivi dai collezionisti contattati, desiderosi (è il commento comune) di venire ad AMART a «vedere nuovamente dal vivo le opere d’arte» dopo il lockdown (come ha dimostrato anche il recentissimo successo di Biaf) e di allontanarsi per qualche tempo dalle angosce di questo momento così cupo.

Ognuno di loro ha così portato pezzi importanti ma spesso anche curiosi, capaci di accendere l’attenzione. È il caso di Alessandro Cesati che presenta un’imponente cassaforte da centro borchiata della fine del ’600 (65 mila euro circa), che ha la forza di un’installazione ambientale, cui si aggiunge una rarissima (perché completa anche delle «ali» laterali) testiera turca da cavallo del primo ´500 (30 mila euro), che reca il punzone dell’Arsenale di Sant’Irene, del Palazzo del Topkapi: una «scultura» metallica di grandissimo fascino.
«Santo Stefano» (1480-90) di Marco Lombardi (85 mila euro), da Matteo Salamon
Non lontano, lo stand fotografatissimo di Longari Arte, con l’«Angelo annunziante» senese dell’ultimo ’300 (65 mila), mutilo, reinterpretato dalla fotografa Monica Silva in tre grandi immagini Dbond su alluminio (il trittico, 16 mila euro circa). Da (Matteo) Salamon&C., il prezioso «Sant’Alessandro, Patrono di Bergamo», 1500 ca, di Antonio Boselli (110 mila) dialoga con il ritrovato «Santo Stefano», 1480-1490, su fondo oro, di Marco Lombardi (85 mila), scomparto di un polittico ricostituito da Mauro Natale. Da (Lorenza) Salamon Fine Arts, con le incisioni di Mantegna e di altri maestri, c’è il suggestivo «Alveare» (un grande bronzo in tre esemplari, 55 mila) di Jessica Carroll, artista interessata alla natura da tempi non sospetti e ora, non a caso, protagonista di numerose personali.

Per i mobili, è affascinante il «racconto» intessuto da Inopera Italian Arts intorno a due coppie di oggetti: due sgabelli dalle forme scultoree disegnati da Filippo Juvarra per il palco del piccolo Teatro della Cancelleria, a Roma, del cardinale Pietro Ottoboni (1711, 40 mila euro), posti sullo sfondo del prospetto del teatrino dello stesso Juvarra, e una coppia di tavolini da gioco dal ricco pedigree (100 mila), commissionati a Giuseppe Maggiolini da Francesco Melzi d’Eril per il Palazzo Reale di Milano, in vista dell’arrivo di Napoleone: questi affiancati da gigantografie di progetti dell’ebanista.

Sempre fra i mobili, è magnifica la ribalta del XVIII secolo (con sportelli «segreti») proposta per 100 mila euro da Piva & C., insieme (tra altre rarità) a una coppa veneziana del ’500 in vetro incolore (14 mila). Molto importante e raro per la qualità, il monetiere napoletano, 1615 ca, intarsiato in avorio ed ebano (molto simile a un esemplare del Metropolitan Museum di New York) presentato da Arcuti Fine Art insieme a un grande, intatto dipinto di Carlo Bonavia («pittor di storie e di vedute», morto nel 1788: qui, un tempio di Diana in un paesaggio lacustre, con il mito di Diana e Atteone), proposto a 150 mila euro.
«Un tempio di Diana in un paesaggio lacustre, con il mito di Diana e Atteone» di Carlo Bonavia (150mila euro), da Arcuti Fine Art
Importanti dipinti anche da Tornabuoni Arte, dove con un piccolo e prezioso ritratto femminile del 1924, con dedica, di Giorgio de Chirico («oltre i 200 mila euro»), c’è una scena dalla «Gerusalemme liberata» di Luca Giordano (100 mila). Da Altomani & Sons, che programmaticamente si occupa di più ambiti di collezionismo, con una «Madonna con Bambino» di Andrea e Giovanni della Robbia (studiata da Giancarlo Gentilini), ci sono maioliche istoriate, bronzi, una preziosa e inconsueta «Madonna dei garofani» del Sassoferrato (250 mila euro), ispirata all’omonima opera di Raffaello, e una coppia d’importanti dipinti, 1495 ca., di Johannes Hispanus esposti nella recente mostra del Museo Poldi Pezzoli «Giorno per giorno nella pittura. Federico Zeri».

Splendide maioliche, dal ’400 al ’700, da Subert, presidente degli Antiquari milanesi; antiche sculture, invece, da Umbria Artis: un magnifico frammento di «Profeta» in marmo statuario, della bottega di Arnolfo di Cambio, XIII-XIV secolo, affine anche per le dimensioni (ma di poco successivo) alle sculture della perduta «Fontana degli Assetati» di Perugia, e un «leone stiloforo» (70 mila euro) della bottega napoletana di Tino da Camaino, trasformato in fontana nel ’700.

Per le arti extraeuropee, da Dalton Somarè s’impongono uno scultoreo «Tamburo a fessura» di cultura Mangbetu (Repubblica Democratica Congo), XIX-XX secolo, 25-30 mila euro, e un’impressionante «moneta» nigeriana, Regno Owo (in realtà un macrobracciale-scultura di lega di rame del XVII-XVIII secolo), in vendita a circa 15 mila euro.
«Madonna con Bambino» (1485-90 ca) di Andrea e Giovanni della Robbia, da Altomani &Sons
Da Ajassa si va da un raro armadio e un anche più raro (per il colore rosso) tavolo basso (questo, 22 mila euro) cinesi, in lacca su tela grezza, a due impagabili ranocchie sciacqua-pennelli, cinesi anch’esse, dell’800, di dimensioni insolitamente grandi (2.800 euro ognuna). Chiudiamo, cronologicamente, con Daniela Balzaretti: tra le tante meraviglie del XX secolo, imperdibile il trittico centrotavola degli anni ’20 di Alfredo Ravasco, formato da una coppa di cristallo di rocca, malachite e corallo e da due obelischi degli stessi materiali. Sublime.

PARTE PRIMA | L’anticipazione
Dal 19 al 23 ottobre il Museo della Permanente accoglie le 67 gallerie antiquarie, provenienti da tutt’Italia, selezionate per la quarta edizione di AMART – Antiquariato a Milano, la manifestazione organizzata dall’Associazione Antiquari Milanesi in collaborazione con Promo.Ter Unione. In una città come Milano, capitale indiscussa del design, era mancata per alcuni anni una fiera specializzata in quest’ambito di collezionismo, per secoli largamente praticato qui.

A porre rimedio aveva provveduto, nel 2018, Domenico Piva, allora presidente dell’Associazione Antiquari Milanesi, che, come spiega l’attuale presidente, Michele Subert, «ben conosceva il “Genius loci” della città e sapeva perfettamente che a Milano antiquariato e modernità, ossia la tradizione artistica, la cultura del saper fare, la visione della modernità degli architetti del dopoguerra e la cultura industriale, dopo essersi scambiati conoscenze lungo tutto il Novecento, avrebbero continuato questo dialogo». Sotto il segno dell’invito di Giuseppe Verdi, dunque: «Torniamo all’antico e sarà un progresso!».

L’edizione 2022 di AMART presenta dipinti, disegni, sculture, mobili, preziosi, argenti, tappeti antichi e molti altri esempi del migliore antiquariato.
Anche quest’anno la manifestazione affianca le due storiche case-museo che si aprono nel cuore di Milano. Il Museo Bagatti Valsecchi, dimora creata nell’ultimo ’800 dai fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi a immagine di un palazzo rinascimentale, vedrà restaurato, dall’Associazione e da un crowdfunding su GoFundMe promosso da un gruppo di giovani esponenti dell’Associazione stessa, il polittico di Giovanni Pietro Brentani della seconda metà del XV secolo, raffigurante la «Madonna con il Bambino tra i santi Bernardino, Pietro martire, Pietro Apostolo, Giovanni Battista», grazie all’iniziativa «togli un cerotto», dove con «cerotto» gli addetti ai lavori alludono alla carta giapponese che durante i restauri dei dipinti evita perdite della superficie pittorica.

Quanto al Poldi Pezzoli, uno dei musei più preziosi della città che affianca la manifestazione sin dall’esordio, in concomitanza con la ricorrenza dei 200 anni dalla nascita di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, esporrà alla Permanente un nucleo di opere metalliche islamiche del ’500, che da AMART saranno restaurate.
Nuova veste per il Premio speciale Giornale dell’Arte, che quest’anno andrà al miglior allestimento. La giuria è presieduta da Clara Bona, noto architetto e interior designer milanese, affiancata dall’architetto e museografo Michele Piva, formatosi nello storico studio Albini-Helg-Piva.
Nuova anche la campagna promozionale, che dà ora più evidenza alle opere di Marieschi, Hokusai, Wildt ecc., inserite in contesti domestici, che non ai testimonial.

Sulla specificità di AMART rispetto alle altre fiere antiquarie interviene Michele Subert, presidente dell’Associazione Antiquari Milanesi: «Intanto siamo a Milano, che da decenni è la capitale italiana del design e dell’architettura, ma che da molto più tempo lo è anche dell’antiquariato e del collezionismo (è la città che ha più gallerie antiquarie del nostro Paese). Come aveva ben intuito Domenico Piva, mercante milanese e internazionale, possiamo far conto sul “brand Milano”, cui noi teniamo molto. E la nostra è, sì, una mostra nazionale e con alcuni mercanti internazionali, ma rimane marcatamente milanese. Le due case-museo sono prova del virtuoso collegamento tra mercato, collezionismo e museo: molto spesso i musei, come questi, nascono da collezioni private o si arricchiscono grazie alle donazioni di collezionisti».
«Angel’s Gabriel white light», Trittico con cui Monica Silva reinterpreta una scultura lignea senese del XV secolo, da Longari Arte 16mila euro ca
AMART si apre a meno di un mese dalla Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze. Perché queste date e non, per esempio, la primavera?
Per una tradizione quarantennale le mostre milanesi sono autunnali e sono seguite dalle manifestazioni torinesi. Dopo l’unico spostamento, dovuto al Covid-19, siamo voluti tornare alle date di sempre.

Il Covid-19 ha colpito duramente tutti i settori e l’antiquariato, che già soffriva di uno scarso ricambio generazionale fra i collezionisti, non è certo stato risparmiato. Qual è la situazione oggi di questo mercato? Ci sono settori più fortunati di altri?
Più che di settori parlerei di qualità e stato di conservazione. Oggi si è molto più filologi, più attenti alla qualità e all’integrità. Le opere rare e intatte non hanno mai deluso nessuno. E quasi tutti gli istituti che si occupano di gestione patrimoniale hanno un art advisor, perché l’arte, al di là della passione, del gusto del possesso, del piacere estetico, è sempre un’ottima alternativa d’investimento. L’antiquariato di arredamento, è vero, è più in ombra, ma se ci si accosta in modo diverso si vede che anche qui si può parlare di opere, non di oggetti. Oggi, poi, dopo le ondate di passione per il Neoclassicismo, poi il Biedermeier e via dicendo, ci si è sganciati dalla moda: si compra ciò che piace senza vincoli di compatibilità, scegliendo in base alla passione, e si accostano periodi diversi. Certo, occorrono più coraggio e più consapevolezza, ma i risultati sono eccellenti. Quanto al ricambio generazionale, con grande stupore, nelle passate edizioni abbiamo avuto numerosi visitatori giovani, molto interessati e senza pregiudizi: forse si sta formando una nuova generazione di appassionati.

Ma che cosa vedremo negli stand di AMART? Oltre a Subert, che esporrà soprattutto le predilette maioliche dalla fine del ’400 alla seconda metà del ’700, Salamon Fine Art, di Lorenza Salamon, presenterà uno stand diviso in due settori, uno per il contemporaneo e uno per l’antico: qui saranno esposti i due rarissimi fogli di Andrea Mantegna della «Lotta di mostri marini», concepiti come dittico, in forma di fregio: «Opere magnifiche che simulano la grisaille, nate per ammaliare con la loro bellezza, evidenzia la gallerista, accompagnate da altri quattro fogli molto rari, anch’essi abitati da animali fantastici, che compongono una piccola mostra a tema».

Matteo Salamon, con Salamon Old Masters, punta invece su una grande tavola del 1500 ca notificata e dipinta a olio, tempera e oro, riconosciuta da Federico Zeri come opera del raro pittore Antonio Boselli (Bergamo, documentato dal 1490 al 1532) che raffigura, con modi foppeschi, «Sant’Alessandro, patrono di Bergamo», il cui pendant si trova in una chiesa di questa città, che nel 2023 sarà con Brescia Capitale italiana della Cultura.

Da Maurizio Nobile Fine Arts sarà protagonista una tela del 1838, eseguita da Francesco Hayez per il conte Luigi Belgiojoso: un tema della storia di Venezia, a lui caro, che raffigura «Il doge Francesco Foscari obbligato dai tre capi del Consiglio de’ Dieci a rinunciare al Dogato». Esposto nella mostra di Brera del 1838, il dipinto ebbe un tale successo da suggerire all’artista la più grande composizione successiva, oggi alla Pinacoteca di Brera.

Punta invece soprattutto su un mobile Tomaso Piva, con la sua galleria Piva & C.: «L’anno scorso esposi un importante letto di Maggiolini, ora un imponente trumeau lombardo, pubblicato, del terzo quarto del ’700, mosso sui fianchi e nella parte superiore, in radica di noce e con le tipiche cornicette ebanizzate, cui accosterò sculture di marmo di area veneta e oggetti da collezione». Tre le aree tematiche in cui Daniela Balzaretti, specializzata nell’arte del ’900, ha suddiviso la sua esposizione: mito e tema animalier con dipinti, sculture e oggetti preziosi esposti in mostre storiche (dalla Biennale di Monza del 1923 alla galleria Pesaro) opera, fra gli altri, di Duilio Cambellotti, Hans Stoltenberg Lerche, Vittorio Zecchin; poi, i nudi virili neomichelangioleschi (di autori quali Eugenio Baroni) e gli objet de vertu di cui uno, squisito, di Alfredo Ravasco.

Di segno radicalmente diverso il progetto, in omaggio a Nella Longari (prima antiquaria d’Italia, ma anche designer) presentato da Ruggero e Marco Longari per Longari Arte. Curato da Valeria Mazzoleni, anche lei «figlia d’arte», il progetto coinvolge la famosa fotografa Monica Silva e il «designer poliedrico» Valerio Fausti, in un’anticipazione del modello seguito dalle prossime mostre in galleria. Qui si assiste a una «rilettura» di un «Angelo annunziante» ligneo senese, ultimo quarto del XV secolo, cui il tempo ha inferto delle mutilazioni. Monica Silva l’ha reinterpretato ispirandosi alla «Venere» e all’«Enigma di Isidore Ducasse» di Man Ray: avvolto in un rado tessuto dorato, legato da nastri con luci led, l’ha posto su fondi dai vividi colori pop e l’ha poi fotografato e composto in un trittico fotografico multicolore. Trittico e antica scultura saranno gli unici «abitanti» dello spazio della galleria.

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