L’occhio infallibile di Geo Poletti

Una mostra sulla doppia natura dell’artista lombardo: collezionista, connaisseur e pittore

Particolare di «Sacra Famiglia e san Giovannino» (1700-05 ca) di Paolo Pagani, Milano, Museo Poldi Pezzoli, donazione eredi Poletti
Ada Masoero |  | Como

Un occhio infallibile, una capacità attributiva innata, poi coltivata e affinata nel tempo attraverso le migliaia di volumi specialistici entrati nella sua biblioteca, la consuetudine  quotidiana con Giovanni Testori e il rapporto assiduo con i massimi storici dell’arte, a iniziare da Roberto Longhi, hanno fatto di Geo Poletti (Ruggero Poletti, Milano, 1926-Lenno, Como, 2012), sin dagli anni ’50, un collezionista e connaisseur difficilmente eguagliabile: come testimonia Vittorio Sgarbi, «uno tra i più straordinari cacciatori di quadri del XX secolo».

Cacciatore con un gusto ben preciso, che lo guidava verso la pittura lombarda, allora trascuratissima, e in particolare verso gli artisti del Sei e Settecento della «pittura di realtà» e del caravaggismo, la linea cara a lui come a Longhi e a Testori. Con una passione speciale, poi, per le nature morte, con cui formò una raccolta fra le maggiori in Italia per qualità e quantità, esposta nel 2019 in due importanti mostre, a Roma, Galleria Corsini, e a Milano in Palazzo Reale.

Insieme a queste, però, sono passati fra le sue mani dipinti mitologici, scene sacre e ritratti (come quelli di Alessandro Magnasco e di Carlo Innocenzo Carloni, da lui donati alla Pinacoteca di Brera e ora in mostra), spesso acquistati quand’erano anonimi e poi da lui correttamente attribuiti ad artisti di maggiore o minore fama, come nel caso dell’amatissimo Paolo Pagani (Castello Valsolda, Como 1655-Milano, 1716), acquisito quando l’autore era ignoto ai più ma, anche grazie a lui, portato alla ribalta che meritava.

E proprio il comodato alla Pinacoteca Civica di Como, da parte degli eredi del figlio Huberto (1954-2019), della grande tela di Pagani con la «Caduta degli angeli ribelli» (un capolavoro ritrovato e acquistato dal padre) è stato la premessa per la mostra «Geo Poletti collezionista e pittore», curata da Paolo Vanoli con Serena Matarrese e Pietro Spadafora, che la stessa Pinacoteca Civica di Como gli dedica dal 20 ottobre al 3 marzo prossimo.

E che, accanto al suo ruolo di conoscitore e collezionista, per la prima volta ne mette in luce, con una trentina di sue opere, anche la passione per i pennelli: «era un ottimo pittore, spiega al «Giornale dell’Arte» Paolo Vanoli, come hanno rilevato tanti studiosi dell’arte del dopoguerra ma era un uomo molto schivo e riservato, e dipingeva per sé. Fece due sole mostre, nel 1962 e nel 1967, entrambe alla Galleria del Milione a Milano, con testi di Testori e di Francesco Arcangeli, poi smise. Dipingeva soprattutto ritratti (uno, in mostra, viene dall’Ospedale Maggiore-Ca’ Granda di Milano, per la cui Quadreria Poletti ritrasse uno dei benefattori) ma realizzò anche molti dipinti dedicati al mondo dello sport: calciatori, stadi vuoti, tennisti (uno lo donò a Roberto Longhi, che lo apprezzò moltissimo, e ora ci arriva dalla Fondazione Longhi di Firenze), fra i quali un gigantesco Nicola Pietrangeli risolto in una silhouette chiara su fondo rosso di grandissima efficacia».

A questa sezione della mostra è stato assegnato uno spazio specifico «mentre i capolavori antichi (una trentina anch’essi), precisa Vanoli, sono esposti fra le opere della collezione permanente della Galleria civica: ci sono nature morte ovviamente ma anche dipinti di figura, di Camillo Boccaccino (lo splendido «Venere e Amore» lodato da Lomazzo), Jusepe de Ribera, Battistello Caracciolo, Domenico Fiasella, Paolo Pagani (in mostra c’è anche l’incantevole «Sacra Famiglia» donata dalle figlie del collezionista al Poldi Pezzoli) e di Giulio Cesare Procaccini, Carlo Francesco Nuvolone, Pietro Antonio Magatti. Oltre ad alcuni dipinti ancora privi di paternità, perché questo era l’esercizio che preferiva». Tutti, scelti con un criterio preciso, quello di «privilegiare le opere più consonanti con i dipinti del museo. Per evitare stridori, continua Vanoli, ho rinunciato per esempio a capolavori di artisti caravaggeschi. Desideravo infatti dare visibilità anche alla collezione della Pinacoteca Civica di Como, poco nota sebbene conservi opere di ottima qualità».

In catalogo (Dario Cimorelli Editore), oltre ai testi del curatore e di Alessandro Morandotti e Giuseppe Frangi, scorrono le testimonianze dei tanti amici, storici dell’arte, direttori di museo, studiosi, che frequentavano la sua casa e che, insieme, ne tracciamo un vivido ritratto.

© Riproduzione riservata
Calendario Mostre
Altri articoli di Ada Masoero