L’inclinazione di Paris Bordon per la verità
Il pittore italiano ha attraversato con originalità tutto il secolo d’oro della pittura veneziana tentando di affrancarsi dall’ingombrante Tiziano. Per il Museo di Santa Caterina Facchinetti e Galansino hanno selezionato le migliori 35 opere

Treviso. Una grande monografica consente di riscoprire la figura di Paris Bordon, allievo di Tiziano, da cui seppe affrancarsi spingendosi ben oltre i confini della Serenissima attraverso prestigiose committenze internazionali. Organizzata da Marsilio Arte al Museo Santa Caterina (che nella sua collezione include diversi lavori dell’artista trevigiano), promossa dalla Città di Treviso e in partnership con Intesa Sanpaolo, «Paris Bordon 1500-1571 Pittore divino», dal 16 settembre al 15 gennaio, è curata da Simone Facchinetti, professore associato all’Università del Salento, e Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi a Firenze. La loro narrazione ci restituisce il ritratto completo dell’uomo e dell’artista nonché di quella sua «naturale inclinazione alla “verità”».
Paris Bordon: chi era costui?
È stato uno dei protagonisti della pittura veneziana: nato a Treviso nel 1500 e scomparso a Venezia nel 1571. In poche parole si può dire che abbia attraversato il secolo d’oro della pittura veneziana in modo del tutto originale. Lo stile di Bordon è facilmente riconoscibile perché, nonostante si fondi su quello di Tiziano, è riuscito a imporgli un proprio timbro di voce. Pensare che sia stato solo il migliore allievo del Vecellio è troppo poco e non gli fa giustizia. In fondo Bordon ha passato la vita a prendere le distanze da un maestro ingombrante e allo stesso tempo crudele, almeno stando alle testimonianze del tempo. È Vasari la fonte che ci ha trasmesso le principali informazioni sul pittore trevigiano, «intervistato» di persona nel 1566. Tra le righe di questa biografia emerge anche un suo ritratto psicologico che ce lo rende naturalmente simpatico.
Che tipo di uomo era?
L’impressione ricavata da Vasari è quella di un uomo moderato e pacifico, buono e semplice, lontano dagli intrighi e dalle doppiezze del mondo. Si era fatto l’idea che avesse raggiunto una certa agiatezza, anche grazie a committenti facoltosi («lavora per piacere»), seguendo una naturale inclinazione alla «verità». Questo quadretto del pittore-filosofo può essere letto in diversi modi. Certo è il risultato di un percorso che lo aveva portato fin lì, ma è anche una traccia fatta di sconfitte e di ingiustizie subite. Si ha come l’impressione che Bordon sia stato costretto a scegliere di condurre una vita un po’ appartata: «fuggendo la concorrenza e certe vane ambizioni». Forse la cosa che lo offendeva maggiormente era che il suo lavoro fosse giudicato «con niuna carità». Tra i detrattori non fatichiamo a immaginarci Tiziano, suo primo maestro. A distanza di cinque secoli vediamo le cose in maniera del tutto diversa. La mostra sarà un’occasione irripetibile per conoscere la «verità» di Bordon.
Chi erano i suoi committenti?
Come molti artisti del Rinascimento non aveva una specializzazione ma era un pittore universale. Le committenze pubbliche lo hanno portato a muoversi nel vasto territorio della Serenissima, spesse volte varcandone i confini. Forse il viaggio più importante è stato quello che l’ha condotto nel 1538 in Francia, a Fontainebleau: perché l’ha messo in contatto con una cultura figurativa internazionale e l’ha fatto apprezzare da committenti di altissimo rango.
Quali soggetti gli erano più congeniali?
Pale d’altare, dipinti destinati alla devozione privata, ritratti di ogni sorta e soggetti profani. Tra questi diversi generi è probabile che il pubblico di oggi sia maggiormente colpito dai suoi soggetti erotici e mitologici perché sono effettivamente impressionanti.
Marco Boschini lo ha definito «divin Pitor». Quali tratti ne connotano lo stile?
La pittura veneziana del tempo era dominata dalla figura di Tiziano. Da giovane Bordon non ha potuto fare a meno di confrontarsi coi suoi modelli. Poi, lentamente, ha iniziato ad affrancarsene, fino a trovare una via del tutto personale. Sintetizzare in poche parole lo stile di Bordon non è facile; tuttavia, quello che sarà evidente ai visitatori della mostra è che il pittore ha introdotto una nuova visione del colore. Non più fuso cromaticamente dentro una miscela calda e tonale, ma selezionato al di fuori della tradizione lagunare. Paris predilige colori freddi, vitrei, carnagioni madreperlacee, divertendosi a contraffare i tessuti di seta con infinite piegoline cangianti. Un altro elemento che potrebbe colpire il pubblico è vedere che le bellezze femminili di Paris sono caratterizzate da spiccati tratti androgini, lontanissime dai canoni idealizzati delle «Belle» di Tiziano. Anche questo è un tratto della sua «verità».
Come avete tradotto la sfida di questa grande monografica?
Abbiamo deciso di allestire una monografica pura. Il visitatore vedrà ben 35 opere di Bordon, organizzate in sezioni tematiche. Le opere sono state selezionate sulla base della loro importanza storica, della loro bellezza estetica, del loro eccellente stato di conservazione. Non sono 35 opere comuni quelle radunate a Treviso ma una selezione delle sue prove migliori. Per rendere un buon servizio a un pittore la prima cosa da fare è riuscire a rappresentarlo al meglio. È una regola d’oro a cui abbiamo cercato di attenerci. Il percorso prevede le seguenti sezioni: Eredità di Tiziano, Fortuna storica, Ritratti, Eros e mitologie, Invenzioni di Paris, Opere devozionali e Pale d’altare.
Quali aspettative nutrite?
Le finalità sono quelle di favorire la riscoperta di un grande pittore del Cinquecento veneziano; di far conoscere le collezioni del Museo Santa Caterina (dove si articolerà una sezione della mostra, curata da Fabrizio Malachin); di far apprezzare la bellezza della città di Treviso. Non abbiamo chiesto lo spostamento di nessuna opera del territorio perché crediamo fermamente che sia meglio vederle nei luoghi storici dove si sono conservate. A questo proposito saranno previsti degli itinerari. È sempre meglio non avere aspettative. Come diceva Bordon è preferibile non covare «vane ambizioni». Tuttavia confessiamo di essere soddisfatti e confidiamo che la mostra incontri gli apprezzamenti del pubblico.
Avete ottenuto prestiti eccellenti. Quali sono le opere più rappresentative?
Una delle opere che dovrebbe esercitare una certa suggestione è il monumentale «San Giorgio e il drago» dei Musei Vaticani. Marsilio Arte ha finanziato integralmente il suo restauro e il risultato dell’intervento (realizzato da Paolo Violini con la guida di Fabrizio Biferali) è stupefacente. Entrambi abbiamo un debole per i soggetti erotici e profani. Di certo il quadro proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna dovrebbe far capire le qualità di un pittore non comune. I principali musei europei hanno generosamente prestato le opere di Bordon conservate nelle loro collezioni, dalla National Gallery di Londra al Louvre, agli Uffizi. Ma non è detto che un capolavoro del pittore stia per forza in un grande museo. La Pala Manfron dell’Accademia Tadini, ad esempio, oppure la Pala Tanzi, della Pinacoteca Nazionale di Bari, per non parlare dell’«Annunciazione» del Musée des Beaux-Arts di Caen. L’elenco è comunque troppo lungo…