L’ignoranza di chi sbaglia non è responsabile

Due fatti accaduti di recente nel mercato dell’arte, un catalogo d’asta Pandolfini e una sentenza del Tar su un’opera di Bassano, sono distanti ma connessi

«Miracolo delle quaglie» (1554) di Jacopo Bassano, Los Angeles, Getty Museum
Simone Facchinetti |

Da curioso osservatore dei meccanismi del mercato dell’arte sono rimasto colpito da due fatti accaduti di recente. Il primo riguarda la sentenza del Tar del Lazio che ha dato ragione al Ministero della Cultura in ordine al provvedimento di autotutela relativo al «Miracolo delle quaglie» di Jacopo Bassano, esportato dall’Italia e acquistato nel 2021 dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles.

Il secondo è il catalogo dell’asta celebrata da Pandolfini a Firenze lo scorso 26 settembre, «Opere di eccezionale interesse storico artistico». Sfogliandolo ci si fa un’idea, ovviamente del tutto approssimativa e parziale, dei beni artistici che le Soprintendenze italiane tutelano al nostro patrimonio. Il collegamento con la storia del Bassano approdato al Getty è, a mio avviso, scontato. Da una parte un capolavoro lasciato andare, dall’altra un inventario di opere notificate che si chiude con un paravento cinese del XVIII-XIX secolo, stimato 9-12mila euro.

Un punto delicato riguarda le responsabilità: chi se le assume quando viene commesso un errore palese? Beninteso in tutte e due i sensi: ovvero quando un funzionario acconsente alla libera circolazione di un’opera di eccezionale interesse storico artistico; oppure quando ne vincola una che non presenta le previste caratteristiche di eccezionalità? Probabilmente nessuno. Le motivazioni del Tar del Lazio mettono in evidenza che le cose stanno esattamente così. Difatti le responsabilità sono state riversate su chi ha presentato la richiesta di libera circolazione e non su chi l’ha istruita.

Il Tar ha ritenuto di giustificare la decisione sostenendo che l’errore valutativo sarebbe dipeso dalla «scarsa conoscenza del dipinto da parte degli esperti», dalle «condizioni conservative non buone», dalla «non completa descrizione del relativo titolo e della provenienza, oltre che indicazione delle notizie storico artistiche, bibliografia e altre caratteristiche».

Domanda: non è proprio compito del funzionario disbrigare queste cose? Riconoscere la qualità di un dipinto anche sotto una vernice ingiallita; essere in grado di recuperare le notizie sulle opere di Jacopo Bassano (peraltro, la foto del quadro in oggetto sta sulla copertina di uno dei tre tomi della monumentale monografia di Alessandro Ballarin dedicata al pittore) e riuscire a formulare il corretto titolo di un’opera? C’è infine un tema legato alla trasparenza che ci riporta al catalogo Pandolfini.

Domanda: esiste un elenco dei beni notificati? Lo Stato conosce il patrimonio su cui dovrebbe esercitare le forme di tutela previste dalla legge? Qui posso menzionare un episodio che ho ricostruito di recente. Si tratta della vicenda di un dipinto di Giovan Battista Moroni notificato nel lontano 1922. Nel 2014 è stato messo in vendita presso una casa d’aste straniera per approdare qualche anno dopo in una galleria londinese. Il quadro è stato, infine, acquistato da un collezionista italiano che dopo qualche anno ha fatto scadere la licenza di temporanea importazione. A quel punto è scattato l’atto di notifica emesso ignorando il fatto che il dipinto era già vincolato!

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