L’estro di Mondino a Bologna

A Palazzo Boncompagni apre una monografica dell’artista torinese con una quindicina di pezzi che rivelano un linguaggio visivo mai scontato

«The Byzantine Word» (1999) di Aldo Mondino
Stefano Luppi |  | Bologna

Il torinese Aldo Mondino (1938-2005) è figura di spicco nel secondo dopoguerra italiano con numerose presenze espositive monografiche nel corso dei decenni in gallerie e musei come Stein-Sperone e Sperone di Torino e New York, Bonelli di Mantova, Pac e HangarBicocca di Milano, Galleria d’arte moderna di Bologna e Galleria Civica di Modena, Musée d’art moderne de la Ville a Parigi de Paris oltre a Biennale di Venezia e Quadriennale di Roma, frequentate in diverse edizioni.

Un successo artistico, oltre che appunto espositivo, il suo, arrivato fin dai primi interventi surrealisti e suggellato da una produzione sempre caratterizzata da un eclettico e ironico talento di sapore anche orientalista che l’ha fatto avvicinare, pur senza aderirne mai direttamente, via via anche al Concettualismo, all’Arte povera, alla Pop art (cfr. Aldo Mondino. Catalogo generale, Allemandi, Torino 2016, pp. 600, ill. 1600, 285 euro).

Ora Mondino arriva a Bologna, a Palazzo Boncompagni, con una monografica di una quindicina di pezzi scelti dalla curatrice Silvia Evangelisti. L’appuntamento, dal 30 gennaio al 10 aprile, mette in luce la sua capacità di «giocare» con le mille ambiguità del linguaggio visivo, coerente in termini di narrazione, ma non di rado paradossale, appunto ironico e leggero e a tratti anche drammatico e contraddittorio. Lo si vede nelle opere in mostra, tutte di grandi dimensioni e realizzate attraverso svariati materiali.

Dai tradizionali dipinti all’uso del bronzo come «Viola d’amore» (1985) fino a più complicati inserti materici come in «Gerusalemme» (1988), in «Scultura un corno» (1980) e «The Byzantine Word».

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