L’elogio della banalità di Wang Guangyi

A Palazzo Pitti 28 dipinti dell’artista cinese, il cui autoritratto entrerà a far parte della collezione degli Uffizi

Un autoritratto di Wang Guangyi del 2019
Laura Lombardi |  | Firenze

La mostra «Obscured Existence», a cura di Eike Schmidt e Demetrio Paparoni e allestita a Palazzo Pitti di Firenze fino al 10 dicembre (catologo Skira), riunisce 28 dipinti dell’artista cinese Wang Guangyi (1957), in un percorso che si articola in quattro tappe con cicli di opere su temi legati all’esistenza degli individui e agli spazi domestici nei quali i loro gesti abituali si compiono.

In «Daily life» l’artista si presenta nell’intimità della vita privata, steso sul letto, seduto a tavola ma anche sul water, in gesti che pur nella loro banalità fanno parte di riti con una segreta sacralità (sebbene non manchi un’eco alla Francis Bacon). «Rituale» è infatti il nome del secondo ciclo dove invece, al posto della figura umana, sono proprio gli oggetti, un sanitario del bagno, una camicia appesa a una gruccia ecc a rivelare il proprio potere e sacralità; in un dipinto dove un normale water di ceramica bianca è protetto da un cordone rosso sorretto da due colonnine in ottone si coglie l’allusione all’inaccessibilità di certi luoghi ma al tempo stesso l’ironia nella salvaguardia di un oggetto così ordinario.

Proprio dall’incontro di sensazioni contraddittorie, secondo Wang Guangyi, si attiva la consapevolezza di esistere. Nella serie che dà il titolo alla mostra, «Obscured Existence», l’artista si rifà a un’antica tecnica pittorica cinese, il Wu Lou Hen, inondando le sue figure di una fitta sgocciolatura che, cancellando l’aspetto ordinario, rimanda a un’anima oscura, inafferrabile.

Inoltre, per dimostrare come diversi sistemi sociali portino a una diversa comprensione del mondo, Guangyi attinge a diverse iconografie occidentali, come nel caso della «Medusa» di Caravaggio, posta però dietro una griglia a nove quadri, retaggio della tradizione cinese che, riducendo la portata estetica dell’immagine, spinge ad andare «oltre».

Infine è il ciclo «The Shadow of Memory», incentrato su ciò che resta del nostro passaggio nella memoria di un luogo. L’«Autoritratto» di Wang Guangyi, al termine dell’esposizione, verrà donato alle Gallerie degli Uffizi, entrando a far parte della prestigiosa collezione.

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