L’eccellente mano del signor Raposo

A Montà d'Alba un restauro e una mostra di Vittorio Amedeo Rapous

L'ovale con «Sant’Antonio abate», di Vittorio Amedeo Rapous, prima e dopo il restauro
Jenny Dogliani |  | MONTA’ D’ALBA (Cn)

Pittore a servizio della corte sabauda, allievo della scuola del Beaumont, referente del Rocaille piemontese, Vittorio Amedeo Rapous (1729-1800) ha con Montà un rapporto stretto. Prova ne è l’ovale di Sant’Antonio abate, fresco di restauro, dipinto nel 1795 per la Vecchia Parrocchiale, storica chiesa cittadina ai piedi del Castello dei Morra Lavriano. Eseguiti da Pier Francesco Nicola per la Nicola-Ilengo Restauri di Asti, gli interventi hanno riportato alla luce le cromie originali e sistemato 70 lacerazioni e lacune sullo sfondo.

Il risultato è al centro della mostra «Dell’eccellente mano del signor Raposo», coordinata dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Alessandria, Asti e Cuneo e allestita nella Confraternita di San Michele fino al 30 novembre.

Il percorso include altre 15 opere di Rapous, custodite nella Vecchia Parrocchiale. Una è la pala di San Luigi Gonzaga e della Madonna del Buon Consiglio (1774), in attesa di restauro. Fu commissionata per l’altare costruito nella Parrocchiale nel 1773, per scongiurare, attraverso la devozione, i moti pauperistici scoppiati nella comunità. Stessa cosa per la via Crucis (1778), commissionata per i «piloni», le edicole del Sacro Monte edificate a Montà nel 1775, per esorcizzare la fame e la disperazione attraverso il miracolo.

Composta da 14 grandi tele restaurate nel 2003 (anno della mostra sui Tesori del Marchesato alla Fondazione Ferrero di Alba), la serie è un grande ritratto sociale e di costumi, con riferimenti estetici ai colleghi dell’Accademia Reale dove Rapous insegnò nel 1778-96. L’esposizione sottolinea per la prima volta lo stile originale che il pittore elaborò discostandosi dalla Scuola del Beaumont: l’uso peculiare della luce, i riflessi e la gamma cromatica delle opere mature lo condussero a figure più asciutte e semplificate come il sant’Antonio abate, pur sempre nei codici della pittura francese e piemontese.

La mostra è la prima tappa di un progetto di restituzione alla comunità che, come spiega l’ex sindaco Silvano Valsania, presidente della Rete degli Ecomusei Piemontesi: «mira alla riappropriazione e al restauro di tutto il patrimonio artistico e architettonico di Montà».

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