L'Avvento nell'arte italiana | 8 dic

L'Immacolata Concezione

Giuseppe Bottani, «Immacolata Concezione», collezione privata (particolare)
Alessandro Agresti |

Ben conosciamo la strada tortuosa, irta di ostacoli, durata secoli, che terminò con la proclamazione da parte di Papa Pio IX nel 1864 del dogma dell’Immacolata Concezione: che non riguarda la nascita di Gesù senza un precedente rapporto carnale, bensì l’eccezionalità di Maria fin dalla nascita, in quanto concepita senza il peccato originale. E ben sappiano come nel XIV secolo a Parigi, alla Sorbona, fior fior di filosofi disputarono sull’argomento, alcuni sostenendo che tale credenza fosse addirittura contraria ai fondamenti della chiesa stessa!

Nonostante ciò, e la decisa presa di posizione avvenuta solo nel XIX secolo, la chiesa si dimostrò conciliante, se non prudente, in merito: infatti non casualmente l’iconografia dell’Immacolata Concezione ebbe una notevole diffusione soprattutto a partire dalla seconda metà del XVI secolo, dal Concilio di Trento in poi, in quanto una simile immagine non poteva non avere un forte impatto visivo sul fedele che era quasi indotto a condurre una vita retta e pia proprio sull’esempio di quella della madre di Gesù.

Tale fortuna continuò per tutto il Settecento: in ambito romano un frutto maturo, ma non di meno fragrante, prodotto agli albori del Neoclassicismo – Antony Morris Clark avrebbe adoperato il termine “protoneoclassico” - è rappresentato da questo tela di Giuseppe Bottani, in relazione alla Immacolata Concezione del Duomo di Livorno, ma che stilisticamente appare addirittura precedente, degli inizi del quinto decennio (si sarebbe anzi tentati di ricollocare un paio di disegni posti in relazione a quella pala proprio con la tela sub judice).

Come si può agilmente riscontrare, le somatiche degli angioletti come il fraseggio dei panni costruiti per solidi geometrici è il filo rosso che unisce questi lavori ma, rispetto ai lavori acclarati del Bottani, è qui una tavolozza più rischiarata tramite il colore trasparente e vitreo, una maggiore morbidezza delle forme che si esplica anche nello svolgimento delle vesti più dolce e sinuoso: a guardare i corpicini pingui e tondeggianti delle presenze celesti o il dolce languore venato di edonismo di alcuni brani, notiamo in deciso ascendente, oltre che di Masucci, anche di Stefano Pozzi.

La presenza infernale non turba l’eletta eleganza della raffigurazione, sostanziata da una capacità tecnica altissima, dove velatura su velatura vengono individuati i più sottili trapassi tonali a restituire il graduale mutare del lume e le convincenti volumetrie che conferiscono una classica nobiltà al risultato. Quella di Maria è una presenza eletta, dove da un esecuzione accorta e sofisticata si origina un’immagine incorrotta e nel contempo aggraziata, dimostrando le notevoli doti di un artista come Giuseppe Bottani, capace di apici qualitativi di non comune livello.

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