L'Avvento nell'arte italiana | 5 dic

Le Sibille che preannunciano l’avvento del nuovo Messia

Bernardino Nocchi, «Sibille», collezione privata
Alessandro Agresti |

Le Sibille, che furono sia personaggi della mitologia che realmente esistiti, erano vergini che avevano fatto voto di castità e che avevano il dono di predire il futuro o fornire responsi in quanto capaci di entrare in comunicazione diretta con un Dio (di solito identificabile con Apollo). Vivevano appartate in luoghi isolati come grotte o anfratti naturali.

Quel che le accomuna è il comunicare in modo criptico, enigmatico i loro vaticini, per cui non era sempre facile comprendere appieno quello che volevano predire: forse anche per questo motivo, soprattutto dal secondo secolo avanti cristo in poi prese sempre più piede una chiave d’interpretazione secondo la quale molte di esse avrebbero preannunciato la nascita di Gesù, quindi il suo avvento.

Ad esempio la Sibilla Delfica avrebbe detto «Il Profeta nascerà senza unione sessuale dalla Vergine sua madre»; la Cumana «Egli porterà a termine il destino di morte dopo un sonno di tre giorni. Poi, di ritorno dai morti, verrà alla luce mostrando per primo l’inizio della Resurrezione»; e infine l’Eritrea, con parole ancor più circostanziate: «Dal cielo Dio ha guardato i suoi umili servi; nascerà negli ultimi giorni da una Vergine ebrea nella culla della terra […] morirà di morte, giacerà nel sonno tre giorni; tornato dagli inferi, verrà alla luce».

Tra le più affascinanti (e davvero poco conosciute) raffigurazioni delle Sibille, in ambito romano, sono quelle che Bernardino Nocchi dipinse per la Sala dei Fasti Prenestini a Palazzo Stoppani-Vidoni a Roma (1773-74) per volere del cardinale Giovanni Francesco Stoppani: ne ho di recente pubblicato gli squisiti bozzetti (gli affreschi non versano in buono stato conservativo) dove l’illusionismo è ancor più spiccato rispetto al risultato finale, con le profetesse che poggiano sull’architettura reale, colte in un sapiente sott’in su, con le ombre decise e gli ampi volumi delle pieghe degli abiti che ne restituiscono l’esatta collocazione nello spazio.

È un’atmosfera inquieta e silente, venata di mistero quella che spira da questo consesso, con le donne colte ognuna nelle proprie riflessioni, chiuse nel proprio mondo senza comunicare le une con le altre. Colpisce la novità dell’idea espressa in un’iconografia davvero inconsueta da colui che a quel tempo era un giovane esordiente, destinato a una notevole carriera nella Roma del suo tempo.

© Riproduzione riservata Bernardino Nocchi, «Sibille», collezione privata
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