L’attesa della catastrofe
Al MA*GA di Gallarate Chiara Dynys riflette sul senso di sradicamento e smarrimento proprio dell’artista

Il MA*GA inaugura la programmazione del 2022 con la personale di Chiara Dynys «Melancholia» (dal 26 febbraio all’8 maggio), un progetto curato da Alessandro Castiglioni che esplora il lavoro di quest’artista, fra le più rilevanti oggi in Italia, osservandolo dall’angolazione precisa di quell’immaginario filmico che l’accompagna da sempre (la madre era appassionata di cinema) e che continua a incidere fortemente sulla sua poetica.
Quattro i capitoli della mostra, pensata per il MA*GA, e della monografia che l’accompagna (Chiara Dynys and the Filmic Imaginary, Skira), a partire proprio dal tema della «Melancholia»: qui, evocando l’omonimo film di Lars von Trier del 2011, l’artista riflette sul senso di sradicamento e di smarrimento che è proprio dell’artista, e che per lei s’identifica nella «contraddizione tra catastrofe e attesa: questa, dice, è per me la bellezza metafisica di Melancholia».
C’è poi Federico Fellini con «Prova d’orchestra», 1979, un film scaturito (ma l’autore stesso lo avrebbe compreso solo in seguito, tanto sotterraneo è il legame) dall’assassinio di Aldo Moro, ma indagato da Chiara Dynys con l’identica chiave di lettura legata al senso della catastrofe.
E ci sono Jane Campion, con «Holy Smoke-Fuoco sacro», 1999, che narra del senso di non appartenenza di una giovane donna fuggita in India dall’Australia in cerca di spiritualità e Roberto Rossellini con «Viaggio in Italia», 1954, dove figura l’Antro della Sibilla, un archetipo visivo molto caro all’artista.
In contemporanea, il museo presenta «Michele Lombardelli. Untitled», a cura di Vittoria Broggini, che espone opere recenti dell’artista cremonese (1968), anche musicista sperimentale e scrittore. In mostra, dipinti, fotografie, disegni, serigrafie, sui supporti più diversi e suoni, in una ricerca che riformula l’idea stessa di astrazione.