L’astratta geometria delle rovine
Luisa Lambri sul tema della linea alla Thomas Dane Gallery di Napoli

La personale di Luisa Lambri (Como, 1969) negli spazi ottocenteschi della sede napoletana della Thomas Dane Gallery (Londra, Napoli) è un percorso costruito sulla linea, assunta dall’artista come coordinata visiva ed emotiva per scandagliare e interpretare il mondo sensibile. Tale direzione è dichiarata sin dal titolo della mostra «Linee. Lines», curata da Douglas Fogle e Hanneke Skerath e visitabile fino 2 ottobre.
Le prime due serie fotografiche sono il risultato del rapporto dell’artista con Napoli e i suoi dintorni. A Pompei, partecipando lo scorso autunno al progetto «Pompeii Commitment. Archaeological Matters» (ideato da Massimo Osanna e Andrea Viliani), l’artista osserva gli elementi decorativi lineari delle pitture a parete della Casa degli Amanti e della Casa di Giulia Felice.
«A volte tutto ciò che rimane dei dipinti in queste rovine sono le linee delle stesse cornici che nella mia mente sono semplici e belle di per sé», afferma Luisa Lambri, scegliendo di restituire «un’astratta geometria delle rovine», da cui talvolta emergono motivi vegetali. A Napoli, invece, si concentra sul rapporto tra le linee asciutte degli armadi a muro disegnati nel 1953 da Gio Ponti per il Royal Continental Hotel di Napoli e le forme organiche delle venature del legno di radica con cui sono costruiti.
Il contrasto tra natura e cultura viene isolato ed esaltato con immagini fotografiche che creano un cortocircuito visivo, una nuova astrazione concettuale. L’artista opera in tal senso anche quando fotografa la finestra-oblò progettata nel 1961 dal designer milanese nel Parco dei Principi di Sorrento. L’interno/esterno della visione dalla finestra viene tradotto della Lambri in immagini sospese e fluttuanti in un campo nero.
Infine, le recenti indagini dell’artista sull’uso della luce e delle linee nelle installazioni ambientali del californiano Doug Wheeler (1937) e nei lavori del polacco Edward Krasinski (1925-2004) conducono all’emersione nelle immagini di una nuova linea d’orizzonte astratta e sensibile.