L’arte «habibi» all’Institut du Monde Arabe
Prima mostra del museo parigino dedicata alla scena artistica araba Lgbtq+ e queer

L’Institut du Monde Arabe (Ima) organizza la prima mostra dedicata alla scena artistica araba Lgbtq+ e queer, «Habibi, le rivoluzioni dell’amore», fino al 19 febbraio, che riunisce i lavori di 23 artisti. «Habibi» è un termine arabo che significa «caro» o «amato». La mostra esplora la questione delle identità sessuali e di genere, che resta tabù in gran parte delle società arabe, malgrado i tentativi di apertura delle «primavere» del 2011.
Il rapporto col corpo, l’intimità, l’emancipazione individuale, la libertà di amare e di esistere con le proprie differenze, il diritto a non essere discriminati, la messa in discussione degli stereotipi di genere, tra i temi affrontati. Molti degli artisti presentati vivono e lavorano a Parigi.
Come l’afghana Kubra Khademi, che ha dovuto fuggire dal suo Paese nel 2015 dopo una body performance nelle strade di Kabul, in cui indossò un’armatura metallica che le esagerava le forme dei seni, della pancia e dei glutei, o come il marocchino Soufiane Ababri, che vive tra Parigi e Tangeri, i cui disegni, che parlano di omofobia nel continente africano e della situazione delle minoranze, si ispirano a Felix Gonzàles-Torres, Alice Neel e David Robilliard.
L’Ima allestisce poi i lavori di Khaled Takreti, Joseph Kaï, autore anche della graphic novel «L’Intranquille» (2021), Omar Mismar, Aïcha Snoussi, Chaza Charafeddine, del gruppo Mashrou’ Leila, band musicale alternativa libanese, e di Khookha McQueer, prima performer trans tunisina e attivista militante per i diritti delle donne e Lgbtq+, molto presente sui social, ad affermarsi in Paese di tradizione patriarcale, dove l’omosessualità è ancora illegale.