L’arte di sopravvivere in gruppo di Hito Steyerl

Retrospettiva della videoartista tedesca al Centre Pompidou

Hito Steyerl, «This is the future» (particolare), 2019
Luana De Micco |  | Parigi

«Hito Steyerl. I will survive. Spazi fisici e virtuali», visibile fino al 5 luglio al Centre Pompidou, è la prima retrospettiva in Francia della videoartista tedesca (Monaco di Baviera, 1966) che la rivista «Art Review» ha indicato tra le prime venti personalità più influenti del mondo nella sua classifica Power 100 del 2020.

Realizzata in collaborazione con il K21 di Düsseldorf (dov’è stata presentata lo scorso autunno), la mostra fa eco all’attualità di quest’ultimo anno dominato dalla crisi sanitaria e presenta anche l’ultimo lavoro «SocialSim», realizzato durante la pandemia e le sue restrizioni, accompagnato da due app di realtà virtuale «Dancing Mania» e «Rebellion», create per l’appuntamento parigino.

Qui la Steyerl s’interessa ai programmi di simulazione sociale che studiano e mirano a predire i comportamenti umani all’interno del gruppo. Il video ruota intorno al «Salvator Mundi» di Leonardo, diventato nel 2017 il quadro più caro del mondo e da allora scomparso. L’artista ci trascina in un museo del futuro che forse è già presente, tra le speculazioni del mercato dell’arte e la fine delle sovvenzioni statali.

La retrospettiva, cronologica, si apre sui primi lavori, come «In Free Fall» (2009-10), che rinvia alla crisi economica del 2008, e «In Defense of the Poor Image» (2009), in cui la Steyerl comincia a riciclare immagini piratate. A partire dal 2010 si può parlare di vere e proprie videoinstallazioni che includono, sovente dentro una struttura metallica tentacolare, diversi monitor. Con «Hell Yeah We Fuck Die», del 2016, nello spazio museale entrano in scena anche dei robot androidi.

© Riproduzione riservata Hito Steyerl, «SocialSim», 2020. Cortesia Hito Steyerl, Andrew Kreps Gallery, Esther Schipper Gallery. © Photo Achim Kukulies Hito Steyerl, «SocialSim», 2020. Cortesia dell’artista, Andrew Kreps Gallery New York e Esther Schipper, Berlin. Still Photo © DR
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