L’arte contro il concetto di età e di genere
Promuovere i giovani talenti attira l’attenzione dei collezionisti e del pubblico, ma svantaggia gli artisti più anziani, specialmente se donne, queer e non-binari

L’Akademie Schloss Solitude di Stoccarda vuole eliminare il limite di 40 anni per le residenze dopo che vari artisti si sono lamentati sui social della sua politica «giovanilista, anti-femminista e queer-fobica».
La Fondazione, che gestisce programmi di residenza per un massimo di 65 artisti internazionali all’anno, impose un limite di età ai candidati da quando fu costituita nel 1990. Ora, attraverso un comunicato dichiara di «comprendere pienamente le critiche a riguardo e di essere in procinto di adattare di conseguenza gli statuti per essere in grado di cambiare le regole per le applicazione del 2023».
L’artista multimediale berlinese Cibelle nota che è un problema endemico nel mondo dell’arte. «Ogni volta che si mette un limite di età su qualcosa, un’altra istituzione pensa che vada bene. Il problema non è un’open call, ma l’approccio culturale». Il mondo dell’arte sembra fissato nel premiare la gioventù.
La lista dei premi assegnati agli artisti under 40 è lunga. La rivista «Apollo», per esempio, è nota per la lista dei «40 under 40». Il Turner Prize ha tolto il limite d’età solo cinque anni fa, dopo aver sostenuto dal 1991 che i suoi candidati dovevano avere meno di 50 anni.
Gli appelli a sostenere i «giovani artisti emergenti» sono un ritornello comune, apparentemente benevolo. Ma è un linguaggio che rasenta il «feticismo», afferma Cibelle, in procinto di creare un’organizzazione che si concentrerà sul lavoro di donne, lesbiche, intersessuali, non-binari e trans.
Nel saggio Beginning, Middle (Age), End l’artista e coreografa Melanie Jame Wolf sottolinea come le artiste femministe e queer diano spesso più date e luoghi di nascita «per hackerare le tracce della loro identità digitale. Mentire sulla propria età ha a che fare con l’accesso e la sopravvivenza e nulla con la vanità». Wolf, che descrive se stessa come una «arrivata tardi» alla sua carriera artistica, spiega come queste informazioni siano indirettamente legate a: «precedenti occupazioni (lavoro di assistenza, carcere, abuso, dipendenza, oppressioni strutturali), che hanno impedito di “passare le pietre miliari bianco-borghesi” della vocazione decisiva, della formazione istituzionale, degli stage non pagati e dei successi da emergenti in modo tempestivo e rispettabile».
Nel 2017, l’anno in cui le regole del Turner Prize sono cambiate, l’allora 63enne Lubaina Himid è diventata la vincitrice più anziana nella storia del premio, e anche la prima donna nera a vincerlo.
Contrariamente a quanto riportato all’epoca dalla stampa, che indicava per l’artista un successo tardivo, la Himid ha iniziato a esporre a 20 anni: «La stampa britannica sapeva cosa stavo facendo negli anni ’80, quando avevo 30 anni, ma ha scelto di ignorarlo, spiega Himid. Sono arrivati tardi, alla festa nel 2017, quando avevo superato i 60 anni, ma avevo già una galleria che mi rappresentava e avevo partecipato a numerose biennali».
Cibelle crede che il ritrovato interesse del mondo dell’arte per le artiste più anziane sia un’altra forma di feticismo, dove «giovane» è sostituito con «nuovo». Si dice che: «Se sei un artista anziano che è stato dimenticato, improvvisamente sei di nuovo sexy, ancora di più se muori, c’è una sorta di aria di mistero».