L’arte al tempo dell’Aids
Al Mamcs di Strasburgo un allestimento multidisciplinare racconta la crisi sanitaria dell’Hiv attraverso 40 anni di creazione artistica

Il Mamcs, il museo d’arte moderna e contemporanea di Strasburgo, propone una mostra pluridisciplinare che racconta la storia della crisi sanitaria dell’Aids, scoppiata nei primi anni Ottanta, attraverso 40 anni di creazione artistica: «Al tempo dell’Aids» si svolge dal 6 ottobre al 4 febbraio 2024. Sono tre anni che il museo sta lavorando a questo progetto, in collaborazione con gli attori del settore, centri medici e associazioni, tra cui Aides, impegnata nella lotta e la prevenzione dell’Aids dal 1984.
«L’avevo annunciata sin dl mio arrivo al Mamcs. Era la tematica che ci coinvolgeva di più. Sarà una mostra atipica», ha detto alla stampa locale Paul Lang, direttore del museo alsaziano dal 2018. La sindrome fu citata per la prima volta nella letteratura scientifica il 5 giugno 1981, descritta nel bollettino epidemiologico dei Cdc, i Centers for Disease Control and Prevention, un importante organismo di controllo della sanità pubblica degli Stati Uniti.
La data è per convenzione considerata il giorno di inizio dell’epidemia di Aids. Il 3 luglio 1981 il «New York Times» pubblicò il primo articolo che parlava della malattia, col titolo «Raro cancro osservato in 41 omosessuali», quando ancora si pensava che colpisse solo i gay.
L’Hiv, il virus responsabile dell’Aids (Sindrome di immunodeficienza acquisita), fu isolato solo due anni più tardi, nel maggio 1983, all’Institut Pasteur di Parigi. Scoperta che, nel 2008, valse all’immunologa francese Françoise Barré-Sinoussi e al virologo Luc Montaigner il Nobel per la medicina. Il virus si portò via una generazione di artisti, scrittori, registi, coreografi, e pervase le loro opere. Alcuni utilizzarono la loro arte come gesto militante per veicolare messaggi di tolleranza e di speranza, e contro la stigmatizzazione dei malati.
«Concepita come un viaggio crono-tematico, che pone il visitatore in un vortice di sensazioni e riflessioni, la mostra, si articola in sezioni che evidenziano i legami che si tessono tra le diverse energie mobilitate contro ciò che non è una malattia, ma uno scandalo», scrive il Mamvs, riprendendo queste ultime parole da Élisabeth Lebovici, storica e critica d’arte, militante dei diritti degli omosessuali, e autrice di «Ce que le sida m’a fait. Art et activisme à la fin du XX siècle» (uscito in Francia nel 2017).
In una scenografia immersiva, sono esposte opere di Sophie Calle, Marlene Dumas, Zoe Leonard, Jean-Michel Othoniel, Nan Goldin, Marion Scemama o ancora David Wojnarowicz. Allo stesso tempo sono proiettati documenti video degli archivi dell’Ina, l’Istituto nazionale francese dell’audiovisivo. Questa del Mamcs è la terza mostra sull’Aids organizzata in Francia nel giro di poco tempo.
Tre mostre, sulla stessa tematica, ma con approcci diversi. Una si è chiusa in primavera al Palais de Tokyo (dal titolo «Exposé-es», con il consiglio scientifico della stessa Élisabeth Lebovici), che aveva chiesto ad alcuni artisti di raccontare come l’epidemia di Aids aveva influenzato il loro modo di lavorare. L’altra mostra, «VIH/sida. L’epidemia non è finita», si è tenuta alb a inizio 2022 (ritardata a causa di un’altra epidemia, quella di Covid-19), che ricostruiva la storia sociale e politica dell’Aids, basandosi sul fondo molto ricco del museo.
