L’arte ai giovani
Una tavola rotonda alla Pinacoteca Agnelli per parlare del sistema artistico contemporaneo con particolare attenzione rivolta alle voci della nuova generazione

Lo scorso aprile è uscito sul «Giornale dell’Arte» un servizio di Nicolas Ballario in cui segnalava alcuni giovani protagonisti di oggi, tra artisti, galleristi, curatori, divulgatori, editori e storici dell’arte selezionati, e in seguito sottoposti ad attenta scrematura, da amici e colleghi. L’autore evidenziava come il gruppo emerso da quest’indagine, tutti nati o attivi nel nostro Paese e con un’età che non supera i trent’anni, con tutta probabilità in futuro avrebbe costituito il sistema del contemporaneo in Italia.
Riprendendo le fila di quell’articolo, stamane al FIATCafè500 della Pinacoteca Agnelli si è tenuta la tavola rotonda dal titolo «Younger Than Jesus» alla quale hanno partecipato Sarah Cosulich, Direttrice della Pinacoteca Agnelli, Francesco Manacorda, curatore indipendente (prossimo direttore del Castello di Rivoli), la critica d’arte Angela Vettese e due tra quelle promesse citate ad aprile da Ballario, Edi Guerzoni, del collettivo «Altremuse» («piattaforma di divulgazione che nasce con il preciso intento di fa posto ad “altre voci” all’interno di questa materia») e la curatrice Gaia Bobò (curatrice in residenza della Quadriennale di Roma).
L’appuntamento, dedicato alle nuove generazioni del sistema artistico, è stato moderato da Nicolas Ballario e introdotto dalla «padrona di casa», Cosulich, che ha ricordato da subito l’importanza dei maestri che in vario modo aiutano le carriere degli emergenti (il riferimento è a Thomas Bayrle, in questi giorni protagonista di una retrospettiva alla Pinacoteca, che ha supportato allievi come Tobias Rehberger e Tomás Saraceno).
Guerzoni e Bobò, stimolate da Ballario, hanno parlato delle loro esperienze professionali. Bobò ha descritto il progetto «Portfolio» della Quadriennale che la vede impegnata in prima persona nella concezione di cicli espositivi che approfondiscono le ricerche più attuali. Una sola opera di un artista under 35 è presentata una volta al mese a Palazzo Braschi e contestualmente, ad approfondirne la ricerca, viene sviluppato un portfolio dalla curatrice siciliana. Tutto ciò è funzionale a sostenere e stimolare l’artista ancora alle prime armi.
Da parte sua, Guerzoni ha parlato di Altremuse che si presenta all’utente come una redazione che racconta l’espressione artistica, quella contemporanea, utilizzando il filtro della storia con un unico grande obiettivo: captare l’attenzione di chi la storia dell’arte non la segue più oppure di coloro che, pur interessati, utilizzano sempre i soliti punti di riferimento. L’attenzione nei confronti dell’utenza dell’arte e del pubblico dei musei è un argomento molto sentito dai relatori, soprattutto da Manacorda che, esortato da Ballario («in Italia pare esserci però una cesura tra la comunicazione e ciò che poi viene realmente realizzato. È così? Succede anche all’estero?»), ha spiegato quanto la situazione negli ultimi vent’anni sia cambiata.
Ha riferito di 6milioni di visitatori all’anno che affollano l’intero sistema Tate, di gente curiosa, che consuma arte e che vuole andare alle mostre a dispetto dei finanziamenti elargiti (ahimè sempre meno). Il futuro direttore di Rivoli ha manifestato anche una certa preoccupazione per una generazione che si trova a fare i conti con la saturazione del mercato di oggi. Ha sottolineato però la capacità delle nuove leve di trovare strade alternative per raggiungere gli obiettivi prefissati, dal destreggiarsi tra istituzioni pubbliche e private ad affiancarsi a «mostri sacri» della creatività. Riallacciandosi alla missione di Altremuse, ha altresì espresso la necessità di veicolare, adeguatamente, le tematiche e i contenuti delle mostre. «Per me è una delle cose fondamentali», ha chiosato Manacorda che non ha dubbi sul fatto che l’opera di ieri debba (anche) «parlare di oggi».
Vettese, che nella sua carriera di docente universitaria ha formato alcuni addetti ai lavori del mondo dell’arte, rispondendo a Ballario sul consiglio da dare a chi vuole intraprendere la carriera da curatore, ha affermato che chi studia questa materia sa già che non potrà contare sul classico stipendio fisso. Ha inoltre sottolineato che lavorare nel mondo dell’arte significa fare i conti con un mondo molto competitivo: «per raggiungere il proprio “sogno” è fondamentale stare sempre all’erta e chiedere sempre il massimo a sé stessi e in questo lo sport ci dà un giusto termine di paragone. Si cade, si ricade e ci si deve rialzare. Gli artisti poi devono evitare di ripetersi perché proporre le stesse cose significa perdere di “densità”. Non bisogna dimenticare di stare sempre dentro il presente che non è sicuramente una “confort zone”. Resistenza, attenzione e studio costante sono imperativi necessari per chi sogna una carriera in ambito artistico».
Infine, una riflessione su come transitare dall’emisfero accademico-formativo a quello professionale. Mentre Bobò ha riportato la sua esperienza di fondatrice di uno spazio indipendente che l’ha fatta imbattere in problematiche reali, solo intuibili da studentessa dell’Accademia, oltre che a renderla partecipe di un’«esigenza corale», Guerzoni ha ricordato un panorama piuttosto scoraggiante dopo gli studi. Alle numerose testate online che non retribuiscono volenterosi studiosi, freschi di università e accademia, pronti a gettarsi nel dibattito critico, lei ha preferito fondare un suo blog indipendente per poter dire la sua liberamente e senza alcun vincolo dettato da una precisa linea editoriale: «se devo scrivere gratis, allora lo faccio con il punto di vista che voglio e decido io». Manacorda, forse complice la sua lunga esperienza all’estero, sull’argomento ha dimostrato di avere le idee molto chiare «chi lavora deve essere sempre pagato» (anche nel «dilettoso» settore artistico).



