L'altra metà di Merz

Marisa Merz, Testa, 1984–95. Courtesy l'artista e Fondazione Merz. Foto di Paolo Pellion di Persano
Anna Costantini |

New York. «Marisa Merz: The Sky is a Great Space», mostra che si apre il 24 gennaio e rimane aperta fino al 7 maggio negli spazi del Met Breuer, è la prima opportunità negli Stati Uniti di valutare nel suo complesso l’attività di un’artista troppo a lungo conosciuta solo attraverso sporadiche tracce.
Dopo l’antologica che la Fondazione Merz ha allestito nel 2012 a Torino e il riconoscimento attribuitole dalla Biennale di Venezia con il Leone d’oro alla carriera nel 2013, cui subito dopo è seguita una mostra alla Serpentine Gallery di Londra, è ora il momento di raccontare anche oltreoceano il percorso di questa artista che ha fatto della sottigliezza e della delicatezza di temi, materiali e contenuti una delle sue caratteristiche principali. Curata da Connie Butler, curatore capo presso l’Hammer Museum di Los Angeles, e da Ian Alteveer, curatore associato del Dipartimento di Arte moderna e
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© Riproduzione riservata Marisa Merz, Untitled, senza data. Collection of Anish Kapoor Courtesy Gladstone Gallery Marisa Merz,  Fontana, 1992, Walker Art Center, Minneapolis Marisa Merz, Untitled, 2009, Foto: Paolo Pellion di Persano Marisa Merz alla Biennale di Venezia del 2013, con il Leone d'oro alla carriera. Foto Giorgio Zucchiatti Marisa Merz, Untitled, 1994. Foto: Daniel Jackson
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