L’affermazione definitiva di Fontana a New York
La mostra al Metropolitan rompe un silenzio troppo lungo (forse poteva «urlare» di più)

New York. La Madison tra la 75 e la 76 non potrebbe offrire uno spettacolo migliore: l’aria a New York è gelida in questi giorni e il MET Breuer, sede distaccata dello stesso Metropolitan, che ha già accolto, tra le altre, la retrospettiva di Marisa Merz, si staglia con il suo profilo in cemento a vista, le sue bandiere rosse, tra il Carlyle dei Kennedy e il Sant Ambroeus di quella Milano che oggi nel vento della Mela si sente rappresentata enfaticamente.
La mostra «Lucio Fontana. On the Threshold», a circa cinque anni da quella ospitata da Gagosian, nella sua galleria di Chelsea, a pochi blocchi dallo stesso MET Breuer, curata da Germano Celant e organizzata dalla torinese Valentina Castellani, è un appuntamento che qui molti attendono.
La Fondazione Fontana innanzitutto, presente con tutto il suo consiglio di amministrazione, i galleristi che da anni lavorano con le opere dell’artista di nascita
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