Un’opera di Jean-Baptiste Mallet

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Un’opera di Jean-Baptiste Mallet

Jean-Baptiste Mallet: il fuoco sotto la tempera

Il Musée Fragonard a Grasse rende omaggio a un pittore provenzale ancora sconosciuto

Mentre Louis Gauffier rinasce a Montpellier grazie ad una retrospettiva al Museo Fabre, un altro artista di classe è al centro di una mostra al Museo Jean-Honoré Fragonard. Benché Jean-Baptiste Mallet (1759-1835) non abbia conosciuto la stessa gloria di Fragonard, ragazzo di paese come lui, chiunque avrà l’occasione di visitare questa retrospettiva si accorgerà che è tempo di riscoprire la sua arte al fine di riabilitarla agli occhi del pubblico.

Nonostante negli ultimi cinque anni i più importanti musei oltreoceano abbiano moltiplicato gli acquisti delle sue opere, Jean-Baptiste Mallet conserva ancora una coriacea reputazione di artista aneddotico, cronista di una vita mondana in via di sparizione e maestro incontestato di una tecnica che si è portato nella tomba.

Assegnandogli il titolo ingrato di «ultimo rappresentante della tempera», gli spietati fratelli Goncourt non incoraggiavano gli storici dell’arte a interessarsi a lui. Tuttavia, i collezionisti hanno continuato ad apprezzarlo sin dal XVIII secolo e molte delle sue opere si trovano presso privati che gentilmente hanno concesso i prestiti per questa mostra.

Pittore di storia…

Tra i numerosi disegni e quadri inediti esposti per l’occasione all’hôtel de Villeneuve spiccano quelli recentemente comprati dal Museo Jean-Honoré Fragonard, come la delicata «Sonnambula» proveniente dalla Galleria Kugel a Parigi.

Essi vengono ad arricchire un notevole fondo di trenta opere del pittore costruito grazie alla pazienza dei due fondatori Jean-François ed Hélène Costa. Le loro tre figlie si stanno impegnando a promuovere la collezione facendo circolare al di fuori della Provenza i nomi degli artisti che vi sono nati. La presente mostra è curata da Carole Blumenfeld.

Ogni sezione è pensata per affrontare stantii pregiudizi attorno alla figura di Mallet e smontarli pezzo a pezzo. Al primo posto quello che stigmatizza Mallet come pittore incolto e isolato. Ebbene, nei primi anni Ottanta del Settecento, Jean-Baptiste Mallet raggiunge il suo professore Simon Julien in rue de l’Université a Parigi. Grazie al maestro di Tolone familiarizza con la pittura storica e incontra i colleghi parigini Martin Grolling e Pierre-Paul Prud’hon.

Tra Mallet e Prud’hon nasce un’amicizia indissolubile che li porta a rinnovare insieme il genere allegorico ormai in declino, con una sofisticatezza d’ispirazione neoclassica anticipatoria dello stile Impero.

La mostra restituisce al loro titolo originario opere sconosciute come ad esempio «Il dio Imene è certo di raggiungere il tempio della Felicità, qualora l’Amore, la Stima e l’Amicizia, precedute da Armonia, si uniscano ai Geni» e illustra l’abilità del pittore nell’attingere alle fonti della poesia anacreontica con i suoi cieli brulicanti di carri, troni e putti.
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Poco interessato agli onori di una carriera ufficiale, Jean-Baptiste Mallet non aspetta il Prix de Rome o l’accoglimento nell’Académie Royale per immergersi nei meandri della Città Eterna. Aggiornato sulle scoperte archeologiche a Pompei, curioso verso i misteri svelati dalle campagne in Egitto, ricava dal repertorio un caleidoscopio di dettagli che diventano il sale delle sue composizioni; una precisione archeologica che non imbriglia mai la fantasia.

Così, Antonio e Cleopatra si ritrovano in una camera arredata all’egiziana mentre Venere s’immerge nelle acque di una vasca di quarzo nata da pura invenzione. Sfiorando l’illecito, l’artista espone il corpo senza veli della dea con un sottile effetto di trasparenza grazie a una porosità sapientemente orchestrata, fra ideale e intimità.

Audaci variazioni sul tema della Venere de’ Medici trasgrediscono il pudore della modella, in carne e ossa, inserendola in opulente stanze alla moda. Questa Venere da interno finge di coprirsi sfidando lo spettatore a sostenere il suo sguardo. Sveglia di giorno e di notte, la donna secondo Jean-Baptiste Mallet è indipendente, padrona di sé, sovrana. Si appoggia su un seggio imperiale, lo stesso che Prud’hon aveva disegnato a uso esclusivo di Maria Luisa.

Quello che potrebbe sembrare un capriccio diventa in realtà manifesto della sua arte, espressione plastica di un impegno al servizio della libertà, e non solo la sua. Durante la Rivoluzione, mentre i pittori e i loro committenti fuggivano dalla Francia per mettersi in salvo, Jean-Baptiste Mallet resta a Parigi.

La «Convention» esorta forse gli artisti a sottomettere i loro soggetti ad alti imperativi politici? E lui moltiplica le scenette libertine popolate da maliziose fanciulle e ingenui corteggiatori.

… e maestro nell’arte della tempera

Il suo virtuosismo nell’arte della tempera incendia i drappeggi alla luce di un fuoco acceso in camino oppure sotto la volta del cielo boschivo. L’artista dà libero corso alla leggerezza senza che questa diventi frivola.

Le sue immagini sono lo specchio di un’epoca di angosce e sconvolgimenti dove il «boudoir» è concepito come ultima ancora di salvezza per recuperare un senso del piacere e della felicità ormai perduto. Raffigurando una giovane nell’atto di suonare una campanella d’allarme di fronte a un pretendente troppo insistente, il pittore vuole raccontare come tali rifugi siano in realtà illusori: il salone più piacevole può trasformarsi in un luogo da temere.

Nel tentativo di accaparrarsi una clientela borghese in cerca di rassicurazioni, Jean-Baptiste Mallet non teme di spaventare l’aristocrazia parigina. Anzi la vorrebbe trattenere nella capitale per evitare di perdere i suoi ultimi committenti.

A partire dal 1789 coltiva l’idea di dipingere l’inferno dell’esilio, con intere famiglie distrutte che si aggirano tra le rovine d’Italia, colte nei loro ultimi fasti.
Visione esaltata e nostalgica di nobili oppressi? Oppure critica a una casta ormai naufragata da tempo?
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Jean-Baptiste Mallet gioca nell’ambiguità e resiste a ogni tentativo di incasellamento. Il suo impegno politico è artistico prima, poi partigiano. Si potrebbe farne un controrivoluzionario al servizio del clero. Ma si resterebbe sorpresi visitando la mostra nel cogliere il luccichìo iconoclasta delle messe clandestine cui l’artista ci fa assistere tramite le sue opere.

Mentre i Sanculotti mandano in frantumi statue di santi, re, idoli, egli sceglie provocatoriamente di piazzare una Venere Pudica (che di «pudens» ha solo il nome) su un altare in marmo. L’artista vuole mostrare proprio quello che la società non può o non vuole vedere, si tratti di preti o di prostitute. Il fascino per l’occulto lo spinge a schivare le interpretazioni letterali.

Sotto la Restaurazione, prova un’attrazione segreta per l’arte antica, dal Medioevo al Secolo d’Oro olandese. Capace di unire l’attualità alla nuova passione per la poesia trobadorica, Jean-Baptiste Mallet fa entrare il presente nella storia.

Al culmine della carriera, si guadagna i favori di una nuova generazione di collezionisti golosi di enigmi raffinati, come la Duchesse de Berry, ansioso di fondare la loro leggenda romanzesca sui miti del passato riportati in vita dal suo pennello.

Traduzione di Mariaelena Floriani

«Sonnambula» (1817) Jean-Baptiste Mallet © Grasse, Musée Jean-Honoré Fragonard/Frédéric Jaulmes

«Le carte» (1818) Jean-Baptiste Mallet © Studio Sebert

Redazione GDA, 08 agosto 2022 | © Riproduzione riservata

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