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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliNelle due sedi della T293 Lorenzo Scotto di Luzio e Tschabalala Self
Nei lavori di Lorenzo Scotto di Luzio (Pozzuoli, 1972) gioca un ruolo strategico il senso di ambiguità che scaturisce da sentimenti contrastanti costruiti con «premeditazione» setacciando la vita di tutti i giorni, fino a individuare delle «sacche di assurdità». L’artista paragona questa pratica ai disegni di figure bidimensionali sviluppate intorno al 1915 dallo psicologo danese Edgar Rubin. Notissimo quello in cui due profili avvicinati formano allo stesso tempo un bicchiere di cristallo: che cosa si vede dipende solo dal punto in cui si focalizza l’occhio di chi guarda.
Fino al 26 marzo T293 inaugura la sede a Trastevere con un suo nuovo ciclo di opere. L’artista teatralizza frammenti di una realtà feroce vissuta dalla società dello spettacolo e mette l’accento, con ironia e spirito beffardo, sulla paura del fallimento e le pulsioni egotiche dei singoli individui, rispondenti a logiche, sin troppo note, di commuovere e di commuoversi. Ispirato da un libro per bambini di facce da colorare e ornare con adesivi, l’autore manipola dei ritratti fino a farli somigliare, nella loro semplificazione rabberciata, a vegetali e a volti infantili. Nel caso della scultura «Stick Man Kills Stick Man» (2015), che abbina barre in alluminio a palloni da basket, va in scena l’esecuzione di una condanna a morte. Le loro pose ripropongono quelle di certe figure nei monumenti ai caduti in guerra in Italia.
Dal 18 marzo al 22 aprile, nella sede napoletana della galleria, Tschabalala Self (1990) presenta un progetto che sviluppa con coerenza i temi cari all’artista statunitense, impegnata a mettere in evidenza, all’interno del campo interrazziale dell’arte, il tema del corpo femminile e di colore. La pittura viene utilizzata per costruire forme in movimento che rinviano tanto alla dimensione terrena quanto alla tensione spirituale del corpo in azione.
La tecnica della stampa e quella pittorica, a cui Tschabalala Self sovrappone la stratificazione di tessuti cuciti, conferiscono consistenza materica alle sagome di donne di colore, rese in pose dinamiche e di cui l’artista vuole mostrare sia l’aspetto più immediato ed esteriore sia quello metafisico a cui il movimento della danza rinvia. Per rafforzare questo concetto, la mostra napoletana si ispira alle dinamiche della trasmissione televisiva americana «Soul Train», di cui l’artista afferma di indagare «le relazioni figurali che si creano tra le varie coppie le cui danze si susseguono nel corso dello show».
Letteralmente il «Treno dell’Anima» è, dunque, costituito dagli elementi spirituali che la cultura afroamericana collega alla danza e a cui l’artista dà forma realizzando caratterizzazioni esagerate del corpo femminile. Mettendo in evidenza le specificità biologiche legate ai concetti di «sesso» e «razza», l’artista intende suggerire modelli interpretativi alternativi ai miopi stereotipi razziali, quindi, spiega, «dei modelli alternativi, e forse anche illusori, alle tendenze voyeuristiche verso il corpo femminile e il corpo razzializzato; un corpo che è sia eminente che miserabile».
Francesca Romana Morelli e Olga Scotto di Vettimo
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