Image
Image

In Israele scontro tra artisti e ministra

Lauren Gelfond Feldinger

Leggi i suoi articoli

Secondo un’istanza di cui «Il Giornale dell’Arte» ha preso visione, un gruppo di artisti, direttori di museo e insegnanti d’arte israeliani, senza dare troppo nell’occhio, lo scorso luglio hanno fatto causa al Ministero della Cultura di Israele. Iniziano a sentirsi in pericolo sotto il governo di Benjamin Netanyahu, soprattutto da quando Miri Regev, un generale di brigata dell’esercito israeliano, è diventata ministro della Cultura nel 2015.

La Regev ha definito «idioti», «istigatori» e «ingrati» gli artisti, che l’hanno a loro volta etichettata come «dittatrice» e «fascista». Regev ha introdotto in una legge il «test di fedeltà» per prevenire o limitare i finanziamenti statali a quegli artisti che, tra l’altro, «disonorano» i simboli dello Stato, considerano il Giorno dell’Indipendenza di Israele come un giorno di «lutto» per i palestinesi o ne mettono in discussione la natura di Stato democratico ed ebraico. Regev ha anche minacciato di tagliare i fondi alle istituzioni culturali che non intendono organizzare iniziative negli insediamenti oltre la Green Line.

Le proteste sono proseguite tutta l’estate. I temuti finanziamenti basati su politiche che limitano la libertà di espressione potrebbero segnare «un colpo mortale per le istituzioni culturali che fanno in gran parte affidamento su fondi pubblici», dichiara uno dei sottoscrittori.

Nel frattempo, Dani Karavan, 86 anni, maestro della scultura israeliana, ci ha rivelato che la recente richiesta di coprire o togliere dalla Knesset (il Parlamento israeliano) la sua opera «Preghiera per la pace di Gerusalemme», del 1966 (nella foto sotto), è stata una protesta a favore della democrazia. E «un grido nel deserto»: Karavan afferma che il Parlamento non ha nemmeno risposto. L’artista, la cui scultura è una delle opere pubbliche più importanti del Paese, afferma: «Oggi gli artisti tendono a tacere la loro opinione per timore di entrare in contrasto con il Governo. Ci sono continuamente nuove leggi che mettono sotto pressione la libertà di espressione e di opinione».

I ricorrenti in giudizio chiedono, appellandosi alla libertà della legge sull’informazione, che il Ministero della Cultura e il Consiglio per la Cultura e l’Arte rendano noti i criteri di nomine e decisioni. L’artista Larry Abramson a luglio ha dato le dimissioni dallo Shenkar College, per dare il suo «più significativo contributo educativo ai miei studenti e ai giovani artisti in generale che, tristemente, dovranno affrontare sempre maggiori violazioni della loro libertà di espressione nel prossimo futuro», dice. Le dimissioni di Abramson hanno fatto seguito a una mostra in cui uno studente, Yam Amrani, ha esposto un quadro raffigurante una donna nuda, che ricordava il ministro della Giustizia Ayelet Shaked, esponente di destra.

Il presidente del college Yuli Tamir ha chiesto che l’opera venisse rimossa. Tamir, ex ministro dell’Istruzione e paladino dei diritti civili, ha dichiarato di non intendere censurare le opere politiche ma di non aver voluto offendere una donna e di tutelarne la privacy. «La censura è il più grande nemico della società democratica, dichiara Abramson. Quando artisti, curatori e istituzioni d’arte scelgono preventivamente di evitare i temi politici, hanno già perso in anticipo e hanno sacrificato i loro valori più cari alla tranquillità e alla sicurezza fornita dai finanziamenti garantiti dai governi».

Lauren Gelfond Feldinger, 03 settembre 2016 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

In Israele scontro tra artisti e ministra | Lauren Gelfond Feldinger

In Israele scontro tra artisti e ministra | Lauren Gelfond Feldinger