Il virus dell’arte in Italia è la sfiducia

Galleristi e case d’asta puntano sull’online in attesa di una ripresa, pur sapendo che la visione diretta delle opere in arte è insostituibile

La bambina Maria Vittoria ringrazia i dottori da una terrazza a Torino il 15 marzo 2020, Foto di AA
Michela Moro |

Titolo profetico, quello della 17ma Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia «How will we live together?». La risposta è: «Ognuno a casa propria lavorando in smart working», tanto che la conferenza stampa di presentazione con il presidente Baratta e il curatore Hashim Sarkis si era svolta in streaming già il 27 febbraio. L’arte è stata una delle vittime più precoci dell’inaspettata velocità con cui il Coronavirus si è abbattuto sull’Italia, sin dalle prime avvisaglie.

La prima ordinanza è partita il 23 febbraio per il Nord Italia, e il lunedì seguente il Castello di Rivoli a Torino aveva cancellato l’inaugurazione della mostra «Di fronte al collezionista. La collezione di Uli Sigg di arte contemporanea cinese»; la galleria Raffaella Cortese di Milano aveva optato per un opening solo su appuntamento per «Yael Bartana. Patriarchy is History», mentre altri musei e istituzioni come Hangar Bicocca avevano scelto di chiudere al pubblico.

Le decisioni sono state prese molto rapidamente e altrettanto velocemente l’arte, o almeno la fruizione classica dell’arte, è finita fuori dai radar degli appassionati e degli addetti ai lavori. Le fiere e gli appuntamenti internazionali sono stati spostati, e i galleristi hanno chiuso i battenti. Miart, la fiera milanese programmata per aprile, è scivolata all’11-13 settembre, portando con sé la Milano Art Week, dal 7 al 13 settembre. Fulminea la decisione del Salone del Mobile, primo a posporre la fiera e gli eventi legati al design dal 16 al 21 giugno, per poi spostarli nelle date classiche del 13-18 aprile 2021.

Christie’s ha scelto novembre per «Thinking Italian Milan», la sua unica asta italiana, e Sotheby’s ha spostato la vendita di arte moderna e contemporanea online nella prima metà di giugno. La ricognizione sulla situazione italiana trova gli interlocutori concordi nel privilegiare la salute e la sicurezza di addetti ai lavori e clienti, cercando soluzioni intermedie per la quarantena, più lunga del previsto, e nel considerare un danno la chiusura delle fiere in cui gli scambi con curatori, musei e artisti sono sempre fruttiferi.

La Galleria Continua è stata tra le prime ad affrontare il virus chiudendo la sede di Pechino: «È stato uno choc, ma l’esperienza ci è servita per affrontare l’Occidente e siamo meno sorpresi, dice uno dei titolari, Lorenzo Fiaschi, da Parigi, altra sede della galleria. Abbiamo capito che la Cina è vicina, che i flussi non si fermano e che il problema degli altri è anche il vostro e il nostro. Bisogna rispettare la Terra, che è piccolissima e dà degli avvisi precisi: il virus è senza frontiere. È difficile per noi che abbiamo sempre privilegiato gli scambi personali ai pdf, ma bisogna rispettare le ordinanze ripensando le modalità di lavoro. Lavoriamo bene nelle fiere e con la cancellazione di Dubai, Hong Kong, Tefaf, e Miart spostata a settembre possiamo preventivare ad oggi un giro d’affari con un 20% in meno. Ci sarà poi l’imbuto dell’autunno: Art Basel a settembre, la mostra di Chen Zhen alla Bicocca, i progetti a Cuba, in Brasile e a Roma, la speranza che la Cina riparta. L’arte che rappresentiamo è l’antidoto al passaporto. In settembre avremmo dovuto celebrare a San Gimignano, nella nostra casa madre, il nostro 30mo anniversario; forse festeggeremo il 31mo l’anno prossimo».

Il gallerista di Milano Giò Marconi ha chiuso Fondazione e Galleria: «Riprogrammiamo le mostre, calcolando che il fatturato dalle fiere si riduca del 10-15%; vedremo come andrà il mercato internazionale, per ora la situazione è grave ed è tutto sospeso». Jose Graci, direttore della galleria Mazzoleni, valuta la doppia esposizione della galleria tra Londra e Torino: «Ci muoviamo secondo le indicazioni governative in entrambe le sedi; non possiamo fare stime, ma la mancanza del mercato delle fiere non può che portare a un ridimensionamento. È vero che l’arte ha sempre risentito in misura minore di tanti scossoni mantenendo valore e solidità, ma il mercato dell’arte è inserito in un’economia globale legata agli altri beni e quindi passibile di variazioni. Come hanno reagito gli artisti? All’interno del nostro canale Instagram, per il primo dei progetti #socialeyes, Rebecca Moccia ha postato l’8 marzo “Sharing Losing”, in occasione della Giornata della Donna. L’immagine digitale, ancora online, copiata e condivisa più volte, perde progressivamente i pixel che la definiscono e da immagine in high resolution si trasforma in low resolution procedendo quindi come la nostra memoria. Dobbiamo trovare metodi nuovi per continuare a sognare attraverso l’espressione artistica, trovare risvolti positivi; io sono ottimista».

Anche Giuseppe Bertolami, amministratore unico dell’omonima casa d’aste con sede a Roma e Londra, è ottimista: «Passato tutto, la ripresa ci sarà per quelli che resteranno, magari andrà anche meglio. Abbiamo spostato le nostre aste, a Londra e in Italia, verso settembre e ottobre, prima non credo sia possibile, e abbiamo accelerato l’uscita delle aste online. L’off line non esiste quasi più; chi entra in un negozio di antiquariato oggi a Roma? Invece la via trasversale è il modo migliore per rilanciare la fascia media e trovare nuovi mercati; questa situazione porterà qualcosa di positivo, se adeguiamo i nostri sistemi correttamente, spalleggiando le vendite online con équipe di esperti accreditati al vetting: bisogna guardare al mercato globale, penso a realtà come 1stdibs e Artsy. Non faccio fiere, punto su altro e vedo questa crisi come un’opportunità per riordinare le idee, se si affronta con ottimismo. È l’occasione per lo Stato di capire che i sistemi informatici esistenti vanno utilizzati. Gli Uffici Esportazioni che fanno capo al Ministero hanno chiuso fino al 3 aprile, sarebbe ottimo in seguito affrontare il vecchio problema e accelerare per via informatica tutte le procedure di esportazione e importazione. Certo anche dopo l’estate il recupero sarà difficile non solo dal punto di vista sanitario, ma economico e psicologico, per riacquistare la fiducia nell’acquisto di oggetti certo di non prima necessità. Inoltre ci sarà un’incredibile concentrazione di aste ed eventi. Nel frattempo per noi piccole imprese il problema è sostenere i dipendenti».

Di diversa opinione la casa d’aste torinese Della Rocca, che ha deciso di «sospendere ogni attività di vendita all’asta anche online, con il fine di tutelare il valore dei beni che ci sono stati affidati. In un momento drammatico come questo siamo consapevoli che il mercato in cui ci troviamo a operare potrebbe essere fortemente penalizzato da situazioni di estrema incertezza e confusione mentre uno dei nostri primi doveri è proprio quello di valorizzare al massimo un patrimonio di eccellenza che in alcun modo va svalutato».

«Abbiamo la fiducia di tutti, dice Claudia Dwek, presidente di Sotheby’s Italia. Ci dedichiamo in remoto ai clienti che rispondono bene, convinti che lavoreremo nel loro interesse; le aste online vanno bene, mentre la vendita di arte contemporanea che teniamo a Milano è confermata online per la prima metà di giugno; spero che allora vedremo la luce in fondo al tunnel».

Ottimista anche Mariolina Bassetti, presidente di Christie’s Italia: «Spostare l’asta milanese a novembre è stata una decisione felice, al momento non ci sono perdite. È un’asta importante e merita una promozione adeguata, anche per tutelare chi vende. Una delle nostre aste da record assoluto è stata nel 2009 quella di Yves Saint Laurent, subito dopo il crac Lehman Brothers: la storia ci invita a pensare così. Per il resto non abbiamo registrato flessioni: le private sales procedono, lavoriamo da remoto e la tendenza è molto stabile per opere desiderate». No al virus della sfiducia, dice il sindaco di Milano Beppe Sala: in Italia ci credono.

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