Il Trecento riminese ora è più ricco: scoperti affreschi «da far tremare i polsi»
Nella chiesa francescana di Santa Croce a Villa Verucchio un frate ha fortuitamente fatto una scoperta di pitture murali alla maniera di Pietro da Rimini




Frate Federico non avrebbe mai immaginato che quando, due anni fa, ha calato il cellulare appeso a una corda per sbirciare con la telecamera nell’intercapedine tra il coro ligneo e il muro della chiesa conventuale, il frammento di Pietà che riuscì a intravedere avrebbe aperto la strada a una vicenda tanto entusiasmante.
Un ritrovamento «da far tremare i polsi», come in tanti hanno definito gli esiti del recupero che è seguito a quella fortuita indagine, condotta nel silenzio dell’antica chiesa francescana di Santa Croce a Villa Verucchio, un’oasi di pace in cui lo stesso san Francesco fece tappa piantandovi quello che oggi è il più grande cipresso d’Italia.
Con la rimozione degli stalli del coro, sono state rinvenute ampie porzioni di pregevoli affreschi di età medievale che sono state presentate dopo un intervento di conservazione dall’Ordine dei Frati Minori di Verucchio, i cui rappresentanti, insieme a quelli delle autorità locali, della Fondazione Cassa di Risparmio e del Rotary Club di Rimini, hanno sottolineato l’importanza di questo raro patrimonio, devozionale e artistico, che apre una nuova prospettiva sulla presenza nel territorio riminese di affermate scuole pittoriche trecentesche.
Accanto alla toccante nicchia con il «Cristo in Pietà», gli affreschi mostrano diverse figure femminili di elegante resa plastica, con una qualità che rimanda alla mano di Pietro da Rimini e della sua fiorente bottega, attribuzione ormai vicina alla conferma, e costituiscono, dunque, un’importante testimonianza della produzione artistica diffusa sull’asse tra Padova e Rimini, che vitalizzava la cultura figurativa del Nord con importanti aggiornamenti sulla lezione giottesca.
Il delicato recupero, la pulitura dei dipinti e la loro messa in sicurezza sono frutto del lavoro di un tavolo attivato sotto la supervisione scientifica della Soprintendenza con i restauratori Romeo Bigini e Floriano Biagi, l’architetto Claudio Lazzarini e lo storico dell’arte Alessandro Giovanardi, tutti concordi sul’importanza di continuare a indagare.
Intanto nuove sorprese sembra riservare la Croce duecentesca dell’abside, un «Christus patiens» che sotto le spesse ridipinture potrebbe celare la mano di un maestro vicino ai modi di Giunta Pisano e Cimabue.