Il Tempio di Ercole balena bianca dell’archeologia

Nuove ipotesi collocano uno dei più importanti centri religiosi dell’antichità vicino a Cadice sulla costa atlantica spagnola

Statua di Ercole vicino allo stretto di Gibilterra all'ingresso del porto principale di Ceuta, Spagna,
Roberta Bosco |  | Cadice

Il Tempio di Ercole Gaditano è una delle grandi balene bianche dell’archeologia. Ritenuto uno dei più importanti centri religiosi dell’antichità, finora si pensava che fosse situato sull’isolotto di Sancti Petri, nel comune di Chiclana (nella Spagna sud occidentale), ma alcuni ricercatori dell’Università di Siviglia e dell’Instituto Andaluz del Patrimonio Histórico sostengono di averne individuato la localizzazione vicino a Cadice, sempre sulla costa atlantica della Spagna.

Gli studiosi hanno inserito i dati dell’erosione della costa, delle inondazioni e di altri eventi catastrofici in un software libero che ha permesso di scoprire anomalie del terreno, rivelando una costa totalmente antropizzata, dov’era presente un grande edificio con barriere frangiflutti, ormeggi e un porto interno.

Confrontando i dati informatici con le descrizioni antiche del tempio sono emerse diverse corrispondenze. Dedicato al semidio greco-romano Ercole, il tempio, una costruzione rettangolare di 300 metri per 150, faceva parte di un grande complesso portuale, attivo tra III e I secolo a.C.

«I risultati combaciano con le fonti classiche e la bibliografia esistente. Strabone, Silio Italico e Filostrato parlano di enormi maree che lasciavano le navi senz’acqua, di colonne situate da una parte e dall’altra, tra Spagna e Africa, e di un tempio superbo. La scienza sta dando ragione alla leggenda», ha dichiarato Francisco José García, archeologo dell’Università di Siviglia.

Se l’ipotesi venisse confermata, i resti potrebbero corrispondere al tempio fenicio-punico di Melqart, poi dedicato a Ercole Gaditano. L’annuncio della scoperta ha suscitato polemica e c’è già chi parla di fantarcheologia. «Tra Sancti Petri e Camposoto abbiamo trovato reperti, perlopiù subacquei, che fanno pensare a grandi strutture, tra cui edifici, frangiflutti e possibili moli. La tecnologia ha rivelato nuovi indizi che finora erano stati intuiti, ma mai provati», ha confermato l’archeologo.

L’Università di Siviglia ha annunciato l’avvio di ulteriori studi per ricostruire la storia dell’area e determinare la cronologia, la tipologia e gli usi di ciascuna delle strutture rilevate.

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