Il tedesco Kopp era il più romano dei pittori
Cinquant’anni di ricerca figurativa e polemica antiastratta illustrati nella mostra al Palazzo delle Esposizioni

Dal 10 maggio al 30 luglio nel Palazzo delle Esposizioni la mostra «Dieter Kopp. Tradizione e libertà» ricorda la figura del pittore tedesco, morto 82enne nel 2022, che scelse l’Italia come sua vera patria dell’anima. Curata da Giorgio Agamben, la mostra presenta una selezione di opere realizzate in 50 anni di ricerca figurativa, e polemica antiastratta. A sostenere la sua arte e le sue idee sono stati, nei cataloghi delle sue molte mostre, studiosi come Jean Clair, Marisa Volpi, Giuliano Briganti, Antonello Trombadori, Fabrizio D’Amico, Dario Micacchi, Mario Quesada, Marco Di Capua e Roberto Tassi.
Ad attrarre molti era quasi sempre quello spirito della pittura che Jean Clair definì «sospeso a metà strada tra assenza e presenza», espresso, secondo Agamben, in uno «stile allo stesso tempo perentorio e sfumato». Elementi che si riscontrano, a vari gradi, in tutte le opere in mostra: paesaggi, nature morte, vedute urbane, interni, nudi ed enigmatiche ciotole. Secondo Agamben, il tedesco Kopp era il più romano dei pittori. Giunto nella città sul Tevere nel 1966 (dopo tre anni trascorsi a Parigi e altri tre a Firenze), il pittore bavarese trovò salda dimora nella luce del Sud, tanto da trascorrere lunghi soggiorni anche in Grecia e in Sicilia.
A Roma espone da subito in quelle gallerie che furono roccaforti della figurazione, come La Nuova Pesa, Il Gabbiano, la Galleria Giulia, per continuare con importanti personali, dagli anni Ottanta in poi, presso la Galleria dell’Oca, la Galleria Carlo Virgilio, la Galleria Forni di Bologna. Nel 1989, la sua elezione a membro dell’Accademia di San Luca, premia la sua ricerca volta alle riflessioni su Zurbarán, alle contemplazioni del Foro Romano, ai paesaggi assolati dell’isola greca di Paros, tutti cicli esposti in questa mostra, e realizzati a olio su tela, tavola o cartoncino, ma anche a pastello e acquarello.