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Oreficeria tarantina, Orecchini a disco in oro, meta del IV secolo a.C. © Museo Archeologico Nazionale di Taranto,

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Oreficeria tarantina, Orecchini a disco in oro, meta del IV secolo a.C. © Museo Archeologico Nazionale di Taranto,

Il rilancio del museo archeologico di Taranto

Archeologia e tecnologia nel museo premiato che guarda al futuro

Massimiliano Cesari

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Tutti hanno una data simbolica; per il MArTA (Museo Archeologico Nazionale di Taranto), uno dei musei archeologici più conosciuti al mondo, è il 29 luglio 2016. Quel giorno di cinque anni fa, dopo le riaperture del 2007 e del 2013, con la fine dell’allestimento del piano superiore realizzato dall’architetto Augusto Ressa e dall’archeologa Antonietta Dell’Aglio, il museo veniva restituito alla città nella sua interezza.

Fondato nel 1887, occupa sin dalle origini l’ex Convento dei Frati Alcantarini (o di San Pasquale) del XVIII secolo ed è noto per l’unicità di alcuni manufatti, dagli «Ori di Taranto» (seconda metà del IV secolo a.C) allo «Zeus di Ugento» del 530 a.C, rinvenuto nel 1961 a Ugento, centro dell’antica Messapia, alla Testa femminile in terracotta del IV secolo a.C. scelta come volto-immagine del museo.

La collezione racconta Taranto dalla Preistoria al Medioevo e consente inoltre di immergersi nella storia millenaria delle culture che hanno attraversato il Mediterraneo. Il nuovo corso del museo è stato segnato anche dall’arrivo nel 2015 della direttrice e archeologa Eva Degl’Innocenti, che ha dato ulteriore impulso allo studio, alla ricerca, alla tutela e alla valorizzazione e gestione della struttura e del suo patrimonio.

Negli ultimi anni il museo ha rinsaldato il rapporto con il complesso contesto della «città del ferro» grazie a co-progettazioni con le istituzioni culturali del territorio. «Il MArTA, spiega la direttrice, è soprattutto la casa di tutti i tarantini. Negli ultimi anni i nostri ingressi hanno visto un incremento del 50% ed è aumentato proprio il pubblico locale. Accade solo quando i visitatori smettono di essere considerati come fruitori passivi e diventano attivatori di processi di inclusione e cittadinanza attiva. I musei devono differenziare l’offerta culturale: i bambini hanno i laboratori tematici, il pubblico esperto seminari e per gli adolescenti abbiamo addirittura creato un videogioco».

Il rilancio passa anche attraverso i social network, per coinvolgere i più giovani nelle iniziative del museo, significativo il motto: «Past for Future». L’uso della tecnologia è anche alla base del progetto «MArTA 3.0», frutto del progetto scientifico e culturale di Eva Degl’Innocenti, avviato nel 2016 e finanziato dal Programma Operativo Nazionale Fesr «Cultura e Sviluppo» 2014/2020, che ha fatto del MArTA il primo museo italiano a digitalizzare e rendere fruibile in open data un patrimonio culturale composto da oltre 40mila reperti (tra quelli esposti e nei depositi).

Del progetto fa parte il laboratorio «Fab Lab», il primo nel suo genere in un museo nazionale, costituito da stampanti e scanner 3D che offrono manufatti, prodotti e servizi inediti. «MArTA 3.0» include anche il nuovo allestimento all’interno dell’esistente e un progetto di studio, ricerca e tutela dei depositi del museo. Un progetto di innovazione tecnologica con il quale il MArTA, in finale con la Pinacoteca di Brera e il Circo Massimo, ha vinto il Premio Gianluca Spina del Politecnico di Milano.

Oreficeria tarantina, Orecchini a disco in oro, meta del IV secolo a.C. © Museo Archeologico Nazionale di Taranto,

Massimiliano Cesari, 19 settembre 2021 | © Riproduzione riservata

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