Il retablo d’Issenheim, «un’opera primordiale»

Il Musée Unterlinden di Colmar celebra la chiusura di un cantiere di restauro che entrerà nella storia. Durato più di quattro anni e costato in tutto 1,4 milioni di euro

Il comparto del Retablo di Issenheim (1512-16) con la crocifissione © Le Reverbère, Mulhouse
Luana De Micco |  | Colmar

Al Musée Unterlinden, il restauro del retablo di Issenheim è terminato. La chiusura del cantiere, il primo luglio, è stata accompagnata da alcuni giorni di festeggiamenti. «Ci sono la cappella Sistina e la Gioconda. E poi c’è il retablo di Issenheim: un’opera primordiale», ha detto la direttrice del museo, Pantxika de Paepe.

È la fine dunque di un lunghissimo lavoro di recupero del capolavoro realizzato ta il 1512 e il 1516 da Matthias Grünewald per le pitture, e Nicolas de Haguenau per le sculture: un monumentale, sorprendente, polittico a tre «comparti» e 14 pannelli su cui si narrano alcuni episodi della vita di Gesù e di Sant’Antonio.

I primi studi sull’opera risalgono a una ventina d’anni fa. Tra il 2003 e il 2004 i pannelli dipinti erano stati sottoposti a una prima batteria di analisi scientifiche. Nel 2011 un intervento criticato sul pannello dell’«Aggressione di sant’Antonio», giudicato troppo frettoloso e che sollevò dubbi sui solventi applicati, aveva bloccato i lavori. Ne era seguita una nuova serie di riflessioni tra il 2013 e il 2014.

Nel 2017 il Comitato scientifico aveva finalmente convalidato il nuovo progetto di restauro, molto più ambizioso: per la prima volta si decise di realizzare un restauro completo dell’opera (pitture, sculture, cornici originali), che dal ’700 era stata sottoposta solo a interventi puntuali, l’ultimo negli anni ’90. A giusto titolo, «Le Monde» ha parlato di intervento «senza precedenti», paragonabile solo a quello effettuato nel 2010 sul polittico dell’Agnello mistico (1426-1432) dei fratelli Van Eyck, conservato nella cattedrale di Gand.

Fino a fine settembre, nel chiostro del museo di Colmar, un ex convento domenicano del XIII secolo, viene presentata anche una mostra fotografica che documenta i lavori. Il cantiere, durato più di quattro anni (rallentato in parte anche dalla pandemia) e finanziato per l’80%  da mecenati privati, è costato in tutto 1,4 milioni di euro, di cui 700mila per il restauro vero e proprio.
Anthony Pontabry e alcuni elementi della sua équipe al lavoro sul restauro del Retablo di Issenheimer (1512-16)
Il restauro, portato avanti da una squadra di venti restauratori, è quindi iniziato nell’autunno del 2018. Nell’équipe anche alcune restauratrici italiane, tra cui Anna Brunetto, specialista del restauro al laser, e Emanuela Bonaccini, formata all’Opificio delle pietre dure di Firenze. L’intervento sulle pitture, guidato da Anthony Pontabry, si è svolto davanti al pubblico nelle sale del Musée Unterlinden dove il retablo è esposto dal 1853. Sui pannelli si era accumulata una patina scura di secoli di polvere e sporcizia, che ne comprometteva la leggibilità.

L’opera ha anche sofferto per la sua storia movimentata. Realizzata per il convento des Antonins a Issenheim, in Alsazia, nel 1793 durante la Rivoluzione fu smontata e trasportata a Colmar per essere messa in salvo. Fu poi nuovamente smontata, spostata e messa in sicurezza durante le due guerre mondiali. Dopo una prima fase di pulitura delle pitture, i restauratori hanno proceduto all’assottigliamento delle vernici che si erano sovrapposte durante interventi passati di ridipintura, dal ’700, e a riparare alterazioni e screpolature.

Il restauro ha permesso di ritrovare dei dettagli che si erano persi. Nel pannello della «Crocifissione», il più esterno, che presentava tracce d’usura più marcate, sotto il nero del cielo sono comparse delle inaspettate sfumature di blu inteso. Si rivedono inoltre i capelli di Maria Maddalena che erano nascosti sotto strati di vernici. Nel pannello dell’«Annunciazione» è comparsa, a sorpresa, l’aureola  della colomba. Sulla «Natività», si è ritrovato il motivo plissé del manto della Vergine.

«Ci sono cinque secoli di patina sui pannelli, quindi una metamorfosi dei colori è inevitabile, ma penso che siamo molto molto vicini alla mano di Grunewald, ha detto Pontabry, in occasione della fine dei lavori. Il restauro ha permesso di ritrovare i colori e la luminosità che era scomparsa sotto strati spessi di vernice».
Il comparto del Retablo di Issenheim (1512-16) con le sculture, Musée Unterlinden, Colmar © Le Reverbère, Mulhouse
Alcune cornici originali amovibili sono state restaurate invece nell’Atelier de restauration et de Conservation régionale des œuvres d’art di Vesoul. Mentre le sculture, che occupano l’ultimo «scomparto» del retablo, erano state trasferite nel marzo 2019 a Parigi, al Centre de recherche e restauration des musées de France (C2RMF), che si trova in un’ala del palazzo del Louvre.

I colori delle sculture erano diventati opachi, coperti da una patina bruna. Erano inoltre presenti alcuni sollevamenti e piccole lacune. Le sculture sono state sottoposte innanzi tutto ad una batteria di test, radiografie e infrarossi. Il restauro, diretto da Juliette Lévy, era destinato soprattutto a ritrovare la policromia d’origine delle opere, che come per miracolo ha attraversato i secoli in uno stato di conservazione eccezionale, nascosta sotto le ridipinture alterate del ’700.

«Le analisi hanno messo in evidenza l’alta qualità e le tecniche sofisticate con cui il Retablo è stato realizzato, con grande attenzione agli effetti di profondità e alle sfumature, aveva spiegato Juliette Lévy in un incontro con i giornalisti. Il Retablo è in uno stato di conservazione straordinariamente omogeneo. Questo permetterà, anche visualmente, di ristabilire il dialogo tra pittura e scultura».
Il «Concerto degli Angeli» del Retablo di Issenheimer (1512-16) prima e dopo il restauro © Anne Chauvet

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