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Rachel Corbett

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L’Art Preservation Index offre ai collezionisti perizie sulla durata dei materiali delle opere d’arte contemporanea 

La fragilità di molta arte contemporanea è una delle questioni più urgenti con cui oggi i collezionisti debbano confrontarsi anche se se ne parla poco. Una nuova società ha intenzione di affrontare per tempo questo tema spinoso divulgando relazioni e dati relativi a opere d’arte sulla base della probabilità che i materiali di cui sono composte si deteriorino nel tempo o diventino tecnologicamente obsoleti. 

«Ci sono certi artisti i cui nomi fanno ridere i restauratori, ma nessuno lo dice ai collezionisti», dice Emily MacDonald-Korth, già specialista del Getty Conservation Institute e fondatrice dell’Art Preservation Index. La studiosa sostiene che i collezionisti necessitino di queste informazioni per mettere a budget i loro futuri impegni in tema di restauro prima di acquistare opere d’arte.  

La società impiega attualmente otto restauratori e sta già consegnando relazioni sulla stabilità dei materiali utilizzati in specifiche opere d’arte per un compenso base di 1.975 dollari (circa 1.800 euro). Ha anche in atto una raccolta fondi per lanciare un indice che assegni un punteggio alle opere d’arte in base alla durata dei materiali di cui sono composte.

«L’arte contemporanea presenta problemi di conservazione più insidiosi rispetto agli Antichi Maestri, dice il mercante e collezionista londinese Kenny Schachter. Con le tecnologie che evolvono più velocemente della moda, queste informazioni sono più rilevanti che mai». 

I servizi forniti dall’Art Preservation Index potrebbero essere particolarmente preziosi per i nuovi collezionisti, probabilmente non consapevoli di avere poche speranze di ricorso dopo l’acquisto di opere d’arte qualora si presentassero problemi di conservazione inattesi. Oggi molti mercanti, afferma Brian Kerr dello studio legale newyorkese Spencer Kerr, «richiedono saggiamente agli acquirenti di firmare uno scarico di responsabilità al momento della vendita» che mette la galleria al riparo da ogni responsabilità nel caso in cui le cose vadano storte. Anche in assenza di questo scarico di responsabilità, è improbabile che i collezionisti possano ottenere una compensazione dai mercanti, «dato che, aggiunge Kerr,  alcuni materiali sono così evidentemente fragili e soggetti a deterioramento che sarebbe ben difficile sostenere che non si sapeva a cosa si stava andando incontro».

Alcuni collezionisti concordano sul fatto che è necessaria una maggiore informazione a priori, ma dicono di preferire ottenerla per conto loro. «Abbiamo cominciato a fare un sacco di domande su considerazioni riguardanti la futura conservazione prima dell’acquisto di un’opera», dice Aebhric Coleman, che gestisce la collezione, per lo più di arte video, assemblata da Richard e Pamela Kramlich a San Francisco e si deve confrontare con le difficoltà presentate da tecnologie suscettibili di diventare obsolete.

«I collezionisti seri ottengono già per conto loro le informazioni fornite dall’Art Preservation Index prima di acquistare arte, dice Christian Scheidemann, presidente del Contemporary Conservation di New York. Se si è un collezionista relativamente appassionato, si parla prima con l’artista e con il gallerista e si sa che cosa aspettarsi. Se si acquista dell’arte si è anche responsabili per la sua manutenzione: è questo che fa di un compratore un collezionista. Diversamente si sta solo acquistando una merce». 

Questi servizi sarebbero particolarmente utili per l’arte in offerta all’asta. La MacDonald-Korth si augura che quando la sua azienda avrà lanciato il suo sistema di punteggi, tali informazioni saranno pubblicate a fianco delle opere sui cataloghi di vendita. Ma prevede una resistenza da parte delle case d’asta perché un punteggio basso «potrebbe diminuire il valore dell’opera. Ma potrebbe anche aumentare il valore di molte di esse. Potrebbe essere un’importante motivazione di vendita dire che un’opera è classificata “AAA”. Se i collezionisti iniziassero a chiedere queste informazioni, le case d’asta dovrebbero fornirle». 

Una portavoce della casa d’aste Phillips dice di non conoscere l’Art Preservation Index e che la casa d’aste non ha mai riscontrato il problema della durata nell’arte contemporanea. Sotheby’s non ha risposto alle nostre domande e anche Christie’s si è astenuta da commenti.

Rachel Corbett, 08 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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