Il potere dinamizzante della carta

Nella Fondazione Ragghianti l’importanza del disegno anche nelle sperimentazioni elettroniche, video e digitali

«TV Story Board» (1984) di Nam June Paik
Laura Lombardi |  | Lucca

La mostra «Pensiero video. Disegni e arti elettroniche», nella Fondazione Centro Studi Licia e Carlo Ludovico Ragghianti dal 21 ottobre al 7 gennaio 2024 e a cura di Andreina Di Brino, si concentra, come il titolo suggerisce, sull’importanza del disegno, che permane, anche tra gli artisti più contemporanei, quale medium sostanziale del processo creativo.

Il progetto è il risultato di una ricerca condotta negli anni da Di Brino, studiosa di estetiche e linguaggi dell’immagine multimediale, docente a Pisa, che si ricollega allo spirito dell’istituzione, le cui mostre si pongono sempre come strumenti di conoscenza e approfondimento (talvolta su tendenze e generi o artisti meno indagati dagli studi o meno noti al pubblico). Una particolare attenzione, che risale agli anni di direzione di Vittorio Fagone, è quella rivolta alle arti elettroniche e alla Videoarte, in linea e ideale prosecuzione con gli interessi di Ragghianti (e si ricorda anche la mostra del 1999 curata da Marco Scotini «Carlo Ludovico Ragghianti e il carattere cinematografico della visione», che si concludeva con le opere video di Bill Viola).

L’interesse stesso per il disegno muove dalle riflessioni di Ragghianti e la mostra evidenzia quanto tutti gli artisti che si sono occupati di arti elettroniche, fin dai pionieri della Videoarte e dell’arte performativa e tecnologica, Nam June Paik (del quale è esposto anche «Little Italy»,1990) o Wolf Vostell, abbiano fatto ricorso al disegno, non finalizzato strettamente all’opera che andavano creando, bensì come esercizio mentale indipendente. Disegno in quanto «luogo dell’indagine, della riflessione, spazio profondo», spiega Di Brino, dove, grazie al «potere dinamizzante della carta» si attivano quei pensieri che poi conducono ai lavori compiuti facendo ricorso al medium elet-tronico.

D’altronde basti ricordare come Giorgio Vasari assegnasse il «primato del disegno» alla scuola fiorentina, indicandovi l’equivalente dell’Idea, e pensare a quanti disegni di artisti di secoli trascorsi non siano stati sempre preparatori a dipinti, sculture o architetture ma svincolate meditazioni necessarie allo sviluppo di idee poi elaborate in altre forme e mezzi.
Il percorso storico della mostra comprende perfino un disegno di Casimir Malevic, nel quale si prefigurano scenari davvero impensabili a quella data; troviamo poi lavori di Gino De Dominicis, Lucio Fontana, Mario Schifano, e a sancire il rapporto tra segno e immagine in movimento anche Jackson Pollock in azione mentre dipinge, filmato e fotografato da Hans Namuth e Paul Falkenberg.

Non poteva mancare William Kentridge, nella cui opera il disegno svolge veramente un ruolo cardine, oppure Michele Sambin che matura l’idea del loop presente nei suoi lavori proprio sulla carta. Artisti dal percorso molto diverso nelle loro sperimentazioni elettroniche, video e digitale, quali Grazia Toderi, Studio Azzurro, Bill Viola, Fabrizio Plessi, Giacomo Verde, Quayola, Nalini Malani e Gianni Toti (il creatore della «poetronica»), accomunati dalla considerazione rivolta al disegno, spesso concepito come pratica autonoma, non intesa dunque quale elemento specificamente progettuale. Alla curatrice si affianca il comitato scientifico della Fondazione, presieduto da Sandra Lischi e composto da Fabio Benzi, Paolo Bolpagni, Martina Corgnati e Davide Turrini.

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